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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
24
COMUNICARE IL LAVORO
IL LAVORO DI COMUNICARE
Walter Passerini
NON SI PUÓ
NON ASCOLTARE
“Dimmi come comunichi e ti dirò
chi sei”. E poi: “Il mezzo è il mes-
saggio”. E infine, secondo la Scuola
di Palo Alto, “Non si può non co-
municare”. Quanti stereotipi intor-
no al tema della comunicazione,
che molti ancora confondono con
l’informare.
Comunicare non significa né si
esaurisce solo nell’informare. La
parola deriva da “
communis
”, che
vuol dire “mettere in comune qual-
cosa con qualcuno”, o, se preferite,
“condividere”. Se si parte dal signi-
ficato primo delle parole, quindi,
comunicare vuol dire condividere
obiettivi, progetti e visioni, ma per
farlo può essere necessario rivedere
la cassetta degli attrezzi e cambiar-
ne qualcuno. Se il “target” è la con-
divisione, è quindi necessario rive-
dere mezzi e messaggi, strategie e
strumenti. Ma soprattutto è indi-
spensabile avviare un’operazione
di ascolto prima di comunicare, da
cui deriva un nuovo slogan per chi
si occupa di lavoro: “Non si può
non ascoltare”; e l’altro, che recita:
“Per comunicare bisogna saper
ascoltare”.
I COLORI
DEL LAVORO
La prima operazione da compiere,
una volta assodato e condiviso il
significato del lavoro dei comuni-
catori, è quella di analizzare il
“territorio” da cui parte e su cui ri-
torna l’attività della comunicazio-
ne. È un “territorio” profonda-
mente cambiato in questi anni, an-
che visivamente. Nei colori, per
esempio. Se un tempo prevaleva il
blù delle tute degli operai e il bian-
co dei camici dei tecnici, oggi la
dominante è il grigio e il nero, ma
anche il rosa e il multicolor. Il gri-
gio si riferisce all’avvento di nuo-
ve figure di lavoratori atipici, ma
anche dei completi dei promotori
e dei consulenti, e indica una terra
di mezzo tra il lavoro bianco e tra-
sparente e il lavoro nero, al limite
dell’irregolarità. Ma insieme al
grigio libico e al nero illegale, riu-
sciamo a vedere tanto rosa, costi-
tuito dall’avvento delle donne nel
mondo del lavoro, che devono re-
cuperare posizioni, ma che sono in
crescita; e riusciamo anche a vede-
re nel quotidiano i mille colori del-
la multiculturalità.
Il paesaggio cromatico è cambiato,
ma sono cambiati anche gli immo-
bili. Al cemento armato si sono so-
stituiti i vetri. Alle fabbriche gli uf-
fici. Molte ciminiere non ci sono
più. E alle grandi dimensioni si so-
no sostituite le piccole unità, anche
immobiliari. Ai cambiamenti cro-
matici e architettonici si sono ag-
giunti altri cambiamenti, per esem-
pio negli orari e nei tempi di lavoro,
per cui si vedono spesso persone gi-
rare o riposare in orari insoliti ri-
spetto alla società delle fabbriche.
La gestione del tempo è cambiata,
sulla spinta della nuova domanda
delle imprese, ma anche in risposta
alle esigenze degli individui e delle
persone. Il concetto di tempo lavo-
rato e di tempo libero o liberato è
uno degli indicatori più importanti
per capire le nuove culture del la-
voro.
LE CULTURE
DEL LAVORO
Il rapporto vita-lavoro, nella perce-
zione delle imprese e delle perso-
ne, si è trasformato. Se un tempo,
la vita media delle persone arriva-
va ai 50-60 anni e il lavoro ne occu-
pava la gran parte, oggi, per fortu-
na, la vita media si è allungata, si-
no agli 80-85 anni, e i 35 anni di
contributi che esprimono sino ad
oggi la vita media lavorativa non
rappresentano più la gran parte
della vita. La vita entra nel lavoro,
ma anche viceversa, con minor
quantità, ma con maggiore inten-
sità. Il lavoro è ancora decisivo, ma
non è l’unico baricentro della vita.
È questo il primo cambiamento im-
portante. La seconda questione è
rappresentata dalla coesistenza di
diverse culture del lavoro. La pri-
ma, per esempio, di stampo indu-
strialista, è quella di coloro che di-
cono che “il lavoro è un mezzo”
a prima operazione da
compiere, una volta
assodato e condiviso il
significato del lavoro dei
comunicatori, è quella di
analizzare il “territorio”
da cui parte e su cui
ritorna l’attività della
comunicazione.
È un “territorio”
profondamente cambiato
in questi anni
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