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ORIENTAMENTO E scuola
E le baliste erano tese (dato che non
c’era il caucciù) torcendo con forza delle
strisce di pelle o tendini animali.
Dopodiché, caricata la macchina,
quando le trecce ritorte a forza venivano
liberate di colpo si scaricavano dando
slancio alla leva che scagliava il proietto.
Ebbene, generalmente i cordoni di
pelle che venivano ritorti erano due, a
sinistra e a destra, e occorreva che fos-
sero ritorti allo stesso modo, altrimenti
il proietto avrebbe subito una spinta
asimmetrica e la traiettoria sarebbe stata
deviata.
E come si può sapere se i due cordoni
sono tesi allo stesso modo?
Li si pizzica
e si sente che suono fanno
. E si regola il
tiro facendo in modo che i suoni siano
uguali. Non solo; il lanciatore esperto sa
che torsione deve dare a seconda della
distanza alla quale colpire; così, cono-
scendo bene la musica delle corde, può
anche calcolare con grande esattezza
direzione e gittata.
Ecco la competenza musicale dei le-
gionari romani.
Un utilizzo del termine “musica”com-
pletamente diverso.
Abbiamo poi una musica legata ai
concetti identitari. Il nostromondo degli
ultimi decenni è un mondo nel quale i
nostri figli hanno smesso di nascere col
destino già assegnato, come accadeva
nel secolo scorso nell’Italia contadina
e preindustriale: nasco da braccianti e
morirò bracciante.
Questa certezza termina con la no-
stra, ancorché tardiva, rivoluzione indu-
striale. Ciò significa che oggi il figlio di
operai può diventare anche ingegnere
(diciamo che può avvenire con difficoltà
minori che in passato), ma soprattutto
ciò significa che il destino non è asse-
gnato in modo fermo e immutabile con
la nascita.
Oggi il mio destino me lo devo co-
struire, e costruirlo significa mettere a
punto la propria identità, con la quale
non si nasce.
E come faccio? I modi sono tanti, ma
ce n’è uno che non manca mai. Aspiro
alla normalità, aspiro a essere come gli
altri e per sentirmi normale faccio le
cose che tutti fanno: se i miei coetanei
impazziscono per questamusica, impaz-
zirò anch’io per essa. Con dei processi
non consapevoli ma efficaci.
Ma ci può essere una “droga”musica-
le. La musica può avere un ritmo che
stordisce come una droga, è vero, ma
la musica che faceva esaltare gli india-
ni o le tribù amazzoniche o i nostri ta-
rantolati studiati da De Martino, non è,
non costruisce lo stesso effetto ottenuto
dalla musica delle discoteche.
Lo sballo è cosa diversa. Laggiù c’è un
evento mistico, qui si va semplicemente
fuori di testa.
Sono cose diverse e la diversità non è
contenuta nel ritmo della musica, ma ce
la mettiamo noi, con la nostra cultura,
siamo noi che interpretiamo, leggiamo,
sentiamo diversamente la musica.
Abbiamo influenze narrativistiche che
ci fanno cambiare il modo col quale
l’ascoltiamo. Due piccoli episodi per
rendere l’idea. Un mio ricordo.
Sono studente liceale e al liceo ci fan-
no sentire una bella musica, poi la in-
terrompono e ci informano: “
Quella che
state sentendo è la “Musica sull’acqua
”
di
Handel. Ora vorrei ragazzi
” ci dice il prof,
“
che voi sentiate come questa musica ri-
chiama davvero la musica dell’acqua
”.
E tutti noi intenti a percepire in quella
musica il suono dell’acqua, e a sentirlo
come fosse vero!
Ma solo dopo quella frase, sentimmo
l’acqua.
La musica non contiene il suono
dell’acqua.
Nello stesso mese mi imbatto nella
quinta di Beethoven, con l’incipit che
tutti conoscete:
dan dan dan daaaan
! Mi
piace molto, e anche ai miei compagni.
Non si diceva ancora che figata! Ma si
disse: Forte!
Finché leggiamo uno scritto di Bee-
thoven dove dice che le battute di inizio
della quinta rappresentano il destino
che bussa alla porta. E Tutto cambiò e
quel tan tan tan taaan divenne per sem-