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QUADERNI DI
ORIENTAMENTO 51
te un rapporto col mondo reale, ma è
un rapporto mediato profondamen-
te dai significati che la natura assume.
Noi dobbiamo nutrirci, come fanno le
scimmie e gli altri animali, ma il nostro
mangiare è ritualizzato, viviamo il sesso
non obbedendo a un impulso pura-
mente biologico e “bestiale” (sì, d’ac-
cordo, non tutti).
Ecco, la musica è un prodotto di que-
sto mondo culturale. È un prodotto che
va letto e va visto come fatto che ha
bisogno di un contesto culturale, non
solamente naturale. Non siamo davan-
ti a vibrazioni e basta. Non esiste una
musica delle sfere celesti, a meno che
l’uomo non l’abbia immaginata. Pensia-
mo all’aspetto storico della questione.
La storia come crocianamente si sa è
scritta dal presente. Tucidide inizia la sua
storia dicendo: prima di noi Greci non
è accaduto nulla di interessante, quindi
cominciamo da qui. Unmodo sofisticato
e nuovo per celebrare le origini, così poi
farà anche Roma. La storia fa ciò che le
occorre, ma non ricostruisce una parte
fondamentale del passato, quella parte
che non ha più nulla a che fare col pre-
sente. Ebbene, pensavo recentemente
al canto gregoriano e a un ragazzo che
si ritrovava a scuola sempre solo e alla
mamma che se ne lamentava con me:
“
Mio figlio è sempre solo in classe, du-
rante l’intervallo tutti escono nei corridoi
e lui resta, l’unico, nell’aula. Non ha amici,
io ci soffro, mi intristisce pensarlo così solo
.
“
Ma signora
”dico “
non ha nessun inte-
resse in comune con gli altri?
”
“
Sì, gli piace la musica!
”
“
E allora signora, i ragazzi vanno matti
per la musica, possibile che non faccia
amicizie?
”
“
Ma vede, dottore, mio figlio, dodici
anni, va matto solo per la musica sacra
medievale
”.
E allora ho pensato a quel ragazzo
che probabilmente credeva di ascoltare
il vero canto gregoriano, ma che non
poteva neanche lontanamente“sentire”
e provare ciò che sentivano i monaci,
i cantori nel coro ligneo in fondo alle
absidi delle chiese antiche. Quel canto
non era destinato a un pubblico, era
stato composto e veniva cantato per
abbellire il testo sacro, così come i libri
sacri erano abbelliti con le miniature.
Noi non possiamo sentire ciò che
sentivano cantando quei cantori, quei
religiosi, quei frati. Così come oggi pos-
siamo ammirare, frantumatori di unità
semantiche, una antica miniatura senza
minimamente pensare al testo che essa
abbelliva. Noi sentiamo altre cose. Quel
ragazzo non lo sapeva, ma stava ascol-
tando altro, un canto gregoriano con
l’incancellabile aura un po’commerciale
del nostro presente.
LE COMPETENZE
MUSICALI DEI
LEGIONARI ROMANI
La storia ci insegna che anche il con-
cetto di musica può essere vissuto,
pensato, in modo diversi. Mi imbatto
in Vitruvio, nel suo Res Aedificatoria, il
grande libro che dal Rinascimento in poi
ispira (o respinge) tutti i grandi architetti,
che l’anno copiato, criticato, modificato,
come il Palladio.
Bene, apro il mio Vitruvio e mi imbatto
in una strana lettura che vi riassumo:
Il legionario romano deve avere una
preparazione musicale
.
Oh, caspita. Sussulto. Io mi ero messo
in testa, leggendo tante cose sull’antica
Roma che il legionario fosse una figura
brutale, senza grilli per la testa, senza
fantasie speculative, capace solo di com-
battere con coraggio e ferrea disciplina,
una macchina per uccidere insomma.
E qui mi si dice che deve avere com-
petenzemusicali! Ma che bella cosa! Che
apertura mentale questi Romani, che
formazione completa, oggi diremmo,
a 360 gradi!
Poi vado avanti a leggere.
E leggo che, come tutti sapete, i Ro-
mani costruivano formidabili macchine
da guerra: catapulte, baliste, scorpioni,
eccetera.