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QUADERNI DI
ORIENTAMENTO 51
mente da ricercare nei lavori pubblicati
nei primi decenni del secolo scorso da
importanti opinion leaders (Gesell, 1946;
McGraw, 1945; Shirley, 1931) che descri-
vevano lo sviluppo come una sequenza
organizzata di comportamenti, derivanti
dalla maturazione del sistema nervoso
centrale (McGraw, 1943). Lo sviluppo
era considerato un processo “naturale”,
innato e guidato da un “orologio biolo-
gico”. Si riteneva che la maturazione del
sistema nervoso centrale fosse respon-
sabile dell’insorgere dei diversi com-
portamenti motori della bambina/o e
che le stimolazioni ambientali avessero
un ruolo limitato, essendo capaci solo
di favorire accelerazioni o ritardi nella
comparsa dei comportamenti motori.
Da dove derivava questa idea? Coghill
(1969), studiando lo sviluppo delle larve
di salamandra, aveva mostrato come i
cambiamenti (stadi maturazionali) che
avvenivano nello sviluppo embriona-
le fossero corrispondenti a quelli dello
sviluppo del loro sistema nervoso e alla
comparsa di comportamenti motori
specifici. Gesell, un importante pediatra
americano, rimase affascinato da que-
ste teorie e, dopo aver effettuato alcuni
studi osservazionali su piccoli campioni
di bambini, affermò che anche nella
specie umana vi fosse un parallelismo
tra sviluppo del sistema nervoso cen-
trale e comportamento motorio (1928,
1954); ne risultava quindi un pattern di
sviluppo motorio evolutivo rigido e in-
variabile (Gesell, 1943, p. 18). Egli definì
per la prima volta le tappe di sviluppo:
“Growth is a patterning process. It produc-
es patterned changes in the nerve cells; it
produces corresponding changes in pat-
terns of behavior”
. I cambiamenti com-
portamentali (motori) erano considerati
dunque conseguenze della maturazio-
ne nervosa e erano quindi insensibili a
stimoli prodotti dall’ambiente. Dal mo-
mento che lo sviluppo motorio era solo
dipendente dallo sviluppo biologico del
sistema nervoso, esso era automatica-
mente un processo non interessante da
studiare (Adolph, 2015). In quest’ottica
i bambini/e venivano visti in relazione
all’età cronologica e considerati tutti
uguali mentre eventuali differenze era-
no da attribuirsi a ritardi nello sviluppo
del sistema nervoso.
Ancora oggi in molti Paesi è diffu-
so questo modo di intendere lo svi-
luppo motorio: si crede perciò che la
bambina/o “maturi spontaneamente”
e che non sia opportuno stimolarlo
troppo dal punto di vista motorio, per
non rischiare di “anticipare” le tappe. Si
sente parlare di necessità di“rispettare”i
tempi di sviluppo della bambina/o; ma,
stranamente, questa attenzione viene
posta per l’attività motoria mentre allo
stesso tempo si espongono i bambini a
intense e continue forme di stimolazio-
ne di tipo visivo, cognitivo, percettivo.
Sono tutti uguali i
bambini del mondo?
Solo attorno agli anni ’80, grazie agli
studi transculturali condotti su popo-
lazioni di diversa cultura, educazione,
socialità di tutto il mondo e all’avanza-
mento delle neuroscienze, sono emerse
novità importanti che hanno ribaltato e
cancellato il modello “maturazionista”.
Scoprire che i bambini Nso’
1
delle
comunità rurali del Camerun cammina-
no quasi tutti tra gli 8 e 9 mesi, mentre
quelli delle società occidentali intorno
ai 12-14 mesi ha destato molta curiosità
(Keller, 2007).
Quando poi si è scoperto che i pic-
coli africani non hanno mai “strisciato
né gattonato”, un passaggio ritenuto
imprescindibile in un’ottica di teoria
maturazionistica, senza con ciò subire
conseguenze negative per lo sviluppo,
la perplessità è aumentata.
Le“tappe di sviluppo”nonpotevanopiù
essere considerate universali, cioè valide
per tutti: le conclusioni di Gesell possono
essere solo indicative e valide limitata-
mente ai bambini che condividono la
cultura e lo stesso livello socio economico
di quelli studiati dal pediatra americano.
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