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QUADERNI DI
ORIENTAMENTO
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la coscienza, di renderci più saggi, di
curare le nostre ferite e di avvicinarci
alla naturamisteriosa della realtà, essa
appartiene sia ai domini psicologici sia
spirituali. Ciò che assume un valore
inestimabile è l’impulso a meditare.
Attraverso la meditazione è possibile
educare lamente alla consapevolezza,
che dalla seduta di meditazione deve
essere estesa se è possibile ad ogni
ambito della vita. Per queste tutte
ragioni la pratica della mindfulness
non concerne soltanto l’ambito psi-
cologico ma coinvolge anche una di-
mensione devozionale (Fabbro 2010).
Chi frequenta un corso di meditazione
basata sulla mindfulness viene invi-
tato non soltanto a partecipare agli
incontri, a meditare regolarmente a
casa, ma anche a studiare uno o più
testi introduttivi sulla meditazione
(in genere Gunaratana 1994 o Kabat-
Zinn 1997).
È importante sottolineare che la
pratica della meditazione mindful-
ness, soprattutto in ambito psicolo-
gico e clinico, non implica l’adesio-
ne al Buddhismo. Ciò significa che
è possibile, e secondo Kabat-Zinn
auspicabile, praticare la mindful-
ness mantenendo i propri valori e le
proprie credenze personali. D’altra
parte la consapevolezza non è pro-
prietà di nessuna tradizione spirituale
o religiosa. Si tratta di una funzione
psicologica universale che può es-
sere sviluppata o disattesa. Infatti,
la mindfulnes viene studiata e pra-
ticata in ambienti religiosi differenti
dal buddhismo, come ad esempio in
alcune correnti mistiche dell’Islam e
in numerosi centri religiosi cristiani
(Herrmann 2010, Meadow et al. 2008,
Jäger 2007, Schnöller 1995, 2002).
EFFETTI
PSICOLOGICI DELLA
CONSAPEVOLEZZA
Gli esseri umani in ogni istante della
loro vita possono essere
consapevoli
o
inconsapevoli
, non si dà una con-
dizione terza. La mindfulness è una
delle forme più efficaci di rieducazio-
ne mentale alla consapevolezza. «
La
meditazione è allo stesso tempo niente
(perché non c’è nulla da fare e nessun
luogo dove andare) e anche il lavoro
più difficile del mondo (dato che la no-
stra abitudine alla inconsapevolezza è
sviluppatissima
)» (Kabat-Zinn 2006, p.
64). Generalmente, gli esseri umani
passano la maggior parte della loro
vita nell’inconsapevolezza, agiscono
come degli automi, con conseguenze
potenzialmente gravi per se stessi e
per gli altri. L’abitudine ad utilizzare
categorie e definizioni linguistiche,
che noi assorbiamo dalla nostra cul-
tura, determina un’immagine del
mondo e di noi stessi che è una bar-
riera alla conoscenza della continua
variabilità del mondo e una fonte
tenace di inconsapevolezza. Tanto
le categorie del pensiero quanto il
linguaggio tendono a considerare
l’esperienza come un dato costante.
Ad esempio, un ruscello non è mai
uguale a se stesso. Nuova acqua con-
tinua a fluire e amodificare le sponde.
Invece, le categorie del pensiero e del
linguaggio tendono a considerarlo
immutabile. Nel flusso temporale del-
la mente possiamo dire: «
Ci vediamo
domani, allo stesso ruscellodove siamo
stati ieri
». Dunque, le categorie della
mente e il linguaggio possono abi-
tuarci a vivere in una sorta di stato
ipnotico dove la realtà tende ad es-
sere considerata costante e ad essere
data per scontata.
Un dato psicologico fondamenta-
le che favorisce l’inconsapevolezza
è che essa costa meno fatica della
consapevolezza. Alla base dell’incon-
sapevolezza vi è dunque la pigrizia. I
fattori che favoriscono l’inconsapevo-
lezza, oltre alle categorie della mente
e al linguaggio, sono: la consuetudi-
ne alla ripetizione, gli atteggiamenti
mentali prematuri, la focalizzazione
sugli obiettivi e la forza del contesto.
È noto che la ripetizione di un com-
pito conduce all’inconsapevolezza;
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