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ORIENTAMENTO
corpo. Ciò che può sembrare una de-
viazione dal compito può diventare
invece una fruttuosa opportunità. In
queste occasioni è meglio interrom-
pere l’analisi consapevole del corpo
e centrare l’attenzione sul punto di
disagio e di sofferenza. Cerchiamo al-
lora di osservare, come un testimone
distaccato, tutte le componenti della
sensazione dolorosa, mantenendo
un atteggiamento gentile e di aper-
tura verso l’esperienza presente, con
un lieve sorriso disegnato sul volto.
Lentamente impariamo a rilassarci
di fronte al dolore e a sviluppare un
atteggiamento più sano di accetta-
zione della realtà.
La terza parte della pratica consi-
ste nella meditazione
vipassana
(U
Ba Khin 1993, Gunaratana 1995). I
termini del sanscrito
vipassana bha-
vana
significano “
coltivare una vi-
sione profonda della mente
”. Questo
tipo di meditazione è la più facile e
allo stesso tempo la più difficile da
praticare. Consiste semplicemente
nell’osservazione dei propri pensieri,
delle sensazioni, delle emozioni, dei
ricordi e delle fantasie che originano,
si manifestano e scompaiono dalla
mente (
anicca
). Ad un certo punto
della meditazione ecco che compare
una preoccupazione, che appare co-
me un problema centrale della no-
stra vita, ma non facciamo in tempo
ad accorgercene che la mente è già
stata catturata da un altro pensiero,
altrettanto fondamentale e così via.
La natura della mente assomiglia
infatti ad una scimmia che salta in
continuazione qua e là. Osservare la
propria mente vuol dire non essere
persi (identificati) dentro le nostre
sensazioni, i nostri pensieri, emozioni
e ricordi, ma essere come dei testimo-
ni di quanto sta accadendo all’interno
della mente. Essere cioè consapevol-
mente
disidentificati
, come i
sognatori
lucidi,
che sono in grado di osservare
consapevolmente i loro sogni senza
essere trascinati dentro il vortice della
trama onirica.
Ovviamente, le nostre abitudini
mentali ci portano ad essere cattu-
rati dal flusso senza fine dei pensieri.
Guardiamo la vita attraverso lo scher-
mo dei nostri pensieri e concetti a
tal punto da scambiare questi og-
getti mentali per la realtà. Quando
durante la meditazione vipassana ci
accorgiamo di esserci persi (identifi-
cati) dentro i nostri pensieri, ricordi
o fantasie, ritorniamo gentilmente,
con atteggiamento non giudicante e
un lieve sorriso sul volto al compito
di osservare la nostra mente. L’es-
senza della meditazione consiste
nel rendersi conto di aver perso la
consapevolezza e nella disponibilità
di ricominciare ogni volta all’infinito.
Lameditazione vipassana ci permette
lentamente di imparare l’equanimità
e un sereno distacco e, nello stesso
tempo, ci introduce alla vera natura
della nostra mente e alla realtà.
La mindfulness nelle sue tre com-
ponenti descritte ha come denomi-
natore comune la consapevolezza. La
capacità di essere consapevoli è una
componente distintiva degli esseri
umani, tuttavia la consapevolezza,
anche se è sempre a disposizione, ten-
de a nascondersi amimetizzarsi come
un “animale timido”. Poiché la con-
sapevolezza è in grado di illuminare
Galleria Plurima,
1981 (R.T.)
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