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QUADERNI DI
ORIENTAMENTO
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con la pratica di
anapanasati
(Su-
medho 1991, Buddhadasa 1980,
1991). Questa parola del sanscrito
significa attenzione concentrata
(
sati
) sul respiro che entra (
ana
) ed
esce (
pana
). Il soggetto, in posizio-
ne seduta, con gli occhi chiusi o soc-
chiusi, viene invitato a concentra-
re l’attenzione sul respiro, che non
deve essere controllato ma fluire in
maniera spontanea. Per facilitare la
concentrazione il soggetto viene
invitato a prestare attenzione all’a-
ria che entrando fluisce attraverso
le narici, alla pausa fra inspirazione
ed espirazione, all’aria che uscendo
fluisce attraverso le narici e alla pausa
fra espirazione e inspirazione. Questo
compito apparentemente facile è in
effetti molto difficile, perché la men-
te tende intrinsecamente a vagare.
Ad un certo punto chi medita può
accorgersi di essere stato trascinato
in un vortice di pensieri, preoccupa-
zioni, fantasie. Proprio nel momento
in cui ci si accorge di stare sbagliando
siamo entrati nel regno della con-
sapevolezza. Nello stesso memento
abbiamo imparato a riconoscere la
“presenzamentale”! Allora il soggetto
viene invitato a tornare gentilmente
al compito di focalizzare l’attenzione
sull’aria che entra ed esce dalle nostre
narici.
Dopo aver riconosciuto un errore
(aver perso l’attenzione sul compito)
è fondamentale mantenere un atteg-
giamento non giudicante, che signifi-
ca: se non sei capace, se fai continua-
mente errori, se sei nervoso, se pensi
ad altro, “
va bene lo stesso!
”. Ciò che è
veramente importante è essere con-
sapevoli dei propri errori. Lentamente
l’atteggiamento non giudicante ci
insegna ad abbandonarci, ad accet-
tarci per quelli che siamo (
io sono già
arrivato!
). Una modalità per ritornare
gentilmente al compito, quando ci
accorgiamo di aver perso l’attenzio-
ne sul respiro, è quello di ritornare al
compito attentivo accennando con-
temporaneamente un lieve sorriso.
La presenza mentale e il lieve sorriso
ci introducono progressivamente ad
una dimensione di amorevolezza e
compassione (
metta
).
La parte centrale della pratica viene
dedicata all’esplorazione consapevo-
le del corpo (
meditazione sul corpo
)
(Gnoli 2001, Kabat-Zinn 2005, pp. 64-
74; Segal et al. 2006, pp. 147-149). Si
può iniziare a concentrare l’attenzio-
ne sulle varie componenti del piede
sinistro. Sulle sensazioni fisiche del
piede, specialmente sulle sensazioni
dovute al contatto del piede con il
pavimento. Dal piede sinistro l’at-
tenzione passa alla gamba sinistra, al
ginocchio sinistro, alla coscia sinistra.
Per ogni sezione del corpo su cui è
concentrata l’attenzione, possiamo
immaginarne le componenti ossee,
muscolari, i vasi e i nervi. Passiamo
quindi a concentrare la nostra at-
tenzione sul piede destro, prendere
coscienza delle sensazioni termiche,
cutanee e di pressione del piede sui
punti di contatto. Passiamo quindi
alla gamba, al ginocchio e alla co-
scia destra. È inevitabile che la men-
te si allontani dalla consapevolezza
del corpo e venga risucchiata da un
pensiero, una preoccupazione, un
ricordo, oppure una fantasia. Quando
ci accorgiamo di aver perduto la con-
centrazione dell’attenzione sul corpo,
gentilmente e con atteggiamento
non giudicante ritorniamo al com-
pito. Prendiamo consapevolezza del
bacino, dell’addome e dei loro organi
interni. Quindi, ci concentriamo sul
torace e sui suoi organi interni. In se-
guito portiamo l’attenzione al braccio
sinistro e alla mano sinistra, quindi al
braccio destro e alla mano destra. Poi
prendiamo consapevolezza del collo
e del capo e concentriamo la nostra
attenzione sulle diverse strutture che
li compongono. Infine, dedichiamo
alcuni minuti alla consapevolezza
del nostro corpo tutto intero, in par-
ticolare alle sensazioni di contatto
del corpo sul pavimento. Talvolta, la
nostra attenzione può essere cattu-
rata da una sensazione di disagio o di
dolore localizzata in un segmento del