SPAZIO APERTO
minimo sull’asse piacere/dolore.
Per quali meccanismi la dimensione
cognitiva si stacca da quella emoti-
va? È ormai noto che le categorizza-
zioni, gli apprendimenti i processi
mnestici usano e intersecano il pia-
no emotivo e viceversa la dimensio-
ne cognitiva campiona e regola il
vissuto emotivo. Le funzioni percet-
tive sono costantemente modulate
dal comportamento motorio, dalle
funzioni motivazionali, emotive,
cognitive. Attenzione, attivazione
e apprendimento sono tre funzioni
che si aggiustano reciprocamente
e si sovrappongono per larghi ver-
si. Allo stesso modo i processi di
ricompensa, gratificazione e di me-
moria non sembrano nettamente
separabili e ciò è particolarmente
chiaro nei comportamenti d’abuso.
E potremmo a lungo continuare.
Per tutto ciò, è evidente che la nor-
ma di una funzione non può essere
valutata separandola dal resto degli
altri apparati funzionali che com-
pongono l’organismo vivente. Una
funzione anormale è parte di un più
vasto sistema organico e può essere
compensata da altri meccanismi o
processi biologici tanto da permet-
tere all’individuo di funzionare nor-
malmente. Si pensi ad esempio alle
spiccate capacità di compensazione
funzionale del cervello.
Anche se la seduzione della sem-
plicità e della risoluzione della com-
plessità nella scomposizione sem-
brano irresistibili - si pensi alla ten-
denza a ridurre certe patologie del
comportamento addirittura a geni
-, è importante tenere presente che
da qualunque livello funzionale sca-
turisca, le idee di normale o pato-
logico non possono essere diretta-
mente assegnate a un processo o a
una struttura localizzata dell’organi-
smo. Così ad esempio è concettual-
mente sbagliato affermare che un
comportamento sano possa spie-
garsi riferendosi soltanto al normale
funzionamento del cervello o addi-
rittura, nel caso di funzioni cogniti-
ve o esecutive, dal funzionamento
normale della corteccia prefrontale.
Nel pensiero filosofico questo er-
rore è stato descritto come fallacia
mereologica, l’inappropriata attri-
buzione di una funzione espressa
da un sistema a una delle sue parti
(Bennett e Hacker, 2003). La mere-
ologia è la logica delle relazioni tra
parti e tutto; lo studio delle parti,
degli interi e dei postulati che ser-
vono a descrivere le relazioni tra gli
uni e gli altri.
Ma poi, come si definisce infatti
una funzione/disfunzione psicolo-
gica mediata dal cervello? In primo
luogo nell’individuazione di una
particolare finalità, di un obietti-
vo che può organizzare e rendere
coerente/funzionale (sano), inco-
erente/disfunzionale (patologico)
un determinato comportamento in
circostanze date. Ma le finalità di un
comportamento dipendono dalle
funzioni d’insieme dell’organismo,
dalle sue condizioni fisiologiche
(nel caso delle motivazioni biologi-
che), dalle interazioni con il partico-
lare ambiente in cui si trova, dai si-
gnificati che l’individuo gli attribui-
sce rispetto alla sua situazione e alle
sue aspettative, ma ciò è a sua volta
espressione delle relazioni che l’in-
dividuo ha con gli altri, della cultura
e dai valori. E quindi tutte le funzio-
ni/disfunzioni psicologiche sono
determinate da relazioni complesse
che investono piani diversi della re-
altà fisica e psicosociale dell’uomo:
dai processi fisiologici alle motiva-
zioni e alle esperienze di un indivi-
duo, sino ai concetti, alle metafore,
ai simboli propri di un determinato
periodo storico e usati per parlare,
giudicare e descrivere il comporta-
mento.
Il cervello quindi non soddisfa le
condizioni concettuali per l’attri-
buzione di funzioni/disfunzioni del
comportamento: occorre comun-
que e sempre chiamare in causa
72