quaderno 38 - page 31

ORIENTAMENTO E SCUOLA
INDICATORI DI
PROCESSO NELLO
SVILUPPO DELLA
COMPETENZA
Sino ad oggi, la maggior parte
degli approcci alla valutazione del-
le competenze hanno privilegiato,
come da coerente impostazione
behaviorista, la rilevazione delle
conoscenze e dei comportamen-
ti osservabili e misurabili; hanno
utilizzato metodologie per lo più
quantitative, supportate da severe
tecniche statistiche; hanno classifi-
cato la progressione della compe-
tenza rigorosamente per livelli. In
sintesi: sono approcci funzionali alla
certificazione, non alla valutazione e
tanto meno al supporto formativo e
orientativo; servono per definire che
cosa un soggetto sa fare e che cosa è
autorizzato a fare, non che cosa po-
trebbe fare e che senso può dare alla
sua, anche piccola, competenza.
È necessario definire un modello
per profili che illustri la complessità
e l’unicità dello sviluppo intrinseco
della competenza, che interpreti
congiuntamente i dati e le informa-
zioni (valorizzando la ricca
expertise
quantitativa per livelli) con i proces-
si e gli atteggiamenti, le motivazio-
ni e le disposizioni (attingendo alle
metodologie qualitative attente
alla specificità del soggetto e del-
la situazione, alle caratteristiche
etnografiche e fenomenologiche,
alle differenze e alle peculiarità di
ciascuno). Anche nella metodo-
logia c’è urgenza di integrazione:
con il quantitativo si cerca ciò che
accomuna, ciò che uniforma; con
il qualitativo si è attenti a ciò che
differenzia, ciò che specifica. Servo-
no entrambi, insieme, se non altro
come efficacia di ricerca, corrobora-
zione sperimentale e come giustifi-
cazione reciproca.
Poiché abbiamo delineato la com-
petenza come
nucleo inseparato di
pensiero e di azione
, è necessario de-
finire gli indicatori che rappresen-
tano la crescita della competenza
nell’interazione continua, proattiva
e retroattiva, del riflettere e dell’agi-
re, del fare e del pensare.
Il
farsi della competenza non
può essere uniforme e lineare
, non
è uguale per tutte le tipologie di
competenze. Come proponevo su
questa rivista qualche tempo fa
(Tessaro, 2008),
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tutte le competen-
ze possono essere rappresentate
graficamente incrociando ortogo-
nalmente
l’asse cognitivo
(il sapere
e il riflettere, la conoscenza e la me-
tacognizione) con
l’asse produttivo
(l’esperire e l’operare, l’esperienza
e l’azione), all’interno di contesti
d’uso, di situazioni di realtà, per uno
scopo voluto. Ogni persona adotta
propri tempi e proprie modalità,
con motivazioni e disposizioni di-
verse. Le situazioni si presentano
sempre disuguali e inconsuete, con
complessità, problematicità e dina-
micità varabile, e soprattutto più o
meno vicine e coinvolte nella vita
del soggetto. Ma anche la combi-
nazione di conoscenza e di azione,
dei loro pesi e delle loro tipologie,
si presenta differente e articolato:
per esempio, i processi del riflette-
re, in una competenza storica, sono
più intensi dei processi operativi,
viceversa in una competenza tec-
nica il peso operativo è più forte
del peso cognitivo. Sono differenze
quali-quantitative, nella conoscen-
za, nell’azione e nell’interazione tra
conoscenza e azione. Solo la coe-
sistenza di entrambe garantisce il
farsi della competenza: altrimenti
il sapere senza l’azione si rifugia
nell’eremo della pura teoria, l’agi-
re senza la riflessione rimane mero
esercizio ripetitivo e meccanico.
Ecco perché
lo sviluppo della
com-
petenza è irregolare e articolato
, e nel
contempo procede in
un continuum
ininterrotto di processi/indicatori
che
assicurano la fusione tra il riflettere
e l’agire (Vedi Figura “
Indicatori di
sviluppo
”).
Paolo Monti,
fiori mossi,
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