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QUADERNI DI
ORIENTAMENTO
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conoscenze e abilità, ma per va-
lutare la competenza nel suo farsi
personalizzato è necessario inter-
pretare i risultati delle verifiche
nella complessità del soggetto che
agisce in situazione reale. E l’inter-
pretazione è sempre un processo
soggettivo. La certificazione, invece,
punterà al massimo dell’oggettività
fondando il giudizio su dati certi e
incontrovertibili, su procedure ripe-
tute in situazioni simulate.
Perché la soggettività valutativa è
un valore?
Perché:
le
interpretazioni
non possono
che essere
personali
sulla base
dei giudizi pregressi, dei vissuti e
delle esperienze individuali; so-
stiene Gadamer che la persona
che interpreta “
non può proporsi
di prescindere da se stesso e dalla
concreta situazione ermeneutica
nella quale si trova
”;
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la
riflessione valutativa
deve es-
sere promossa non solo da parte
dell’insegnante ma anche dallo
studente, e deve condurre alla
consapevolezza delle relatività
(parzialità) del loro valutare
;
ciascuno valuta i processi ai quali
partecipa
e quindi non esistono
separazioni nette tra auto ed
eterovalutazione;
non si devono valutare le persone
ma i processi, le azioni, i compor-
tamenti e gli atteggiamenti delle
persone.
Come è possibile ridurre l’aleato-
rietà di una valutazione soggettiva?
Soggettività non vuol dire indivi-
dualismo o anarchia valutativa del
docente. La soggettività non deve
costituire un alibi alla mancata
ri-
cerca del massimo grado possibile di
obiettività
. L’individualismo si supe-
ra con la consapevolezza dei vincoli
e dei limiti personali, professionali
e culturali, ma anche con il ricono-
scimento dei preconcetti e delle
stereotipie presenti in ciascuno. In
pratica, un modello di sviluppo del-
la competenza deve assicurare:
a)
la
trasparenza
nelle procedure e
nella comunicazione delle valu-
tazioni;
b)
la
condivisione
preventiva dei cri-
teri per la valutazione;
c)
la
triangolazione
dei punti di vi-
sta, dei metodi e delle tecniche
di valutazione.
Un docente può, da solo, valuta-
re una competenza?
Trasparenza,
condivisione e triangolazione sono
regole
che chiamano direttamente
in causa la collegialità dei docenti;
i consigli di classe, i gruppi di in-
segnanti per discipline o per assi,
per ambiti o per dipartimenti, le
commissioni di studio o di proget-
to: siano essi équipe, team o staff,
insieme i docenti sono comunità
educante e, di conseguenza hanno
il compito di formare, di progettare
e di valutare in gruppo, nell’applica-
zione e nel rispetto dei principi con-
divisi. E, prima dei colleghi, ci sono
sempre gli studenti da coinvolgere
in processi di
co-valutazione
: un
allievo apprende solo se è sogget-
tivamente
consapevole
del senso e
del valore personale del sapere che
scopre e della competenza che in
situazione e in relazione costruisce.
Come si possono classificare i gra-
di di sviluppo della competenza?
I
diversi gradi di competenza, dal
principiante all’esperto, possono
essere analizzati per
livelli
di
exper-
tise, in soglie o in livelli-soglia
. Nella
scuola per anni si è parlato di
livelli
,
un tempo erano associati alle prove
di verifica con i punteggi distribuiti
in
fasce di livello
, oggi risultano dal-
le prove locali, nazionali o interna-
zionali con ripartizioni in rubriche
graduate in
scale di livello
. Ma a che
cosa serve una distribuzione per li-
velli? Che senso ha (per gli studen-
ti, per i docenti, per la scuola, per
il territorio)? Migliora l’apprendi-
mento dell’allievo scarso? Facilita il
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