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ORIENTAMENTO E società
la prima generazione, nel suo sforzo
di ridisegnarsi uno stile dell’essere
genitore, in un nuovomondo. Era nel
corso di una cena tra donne italiane
e straniere e si parlava del problema,
comune a tutte, di educare i figli. Lei,
al suo, diceva che, se non voleva es-
sere un pesce fuori dall’acqua, dove-
va starsene in una sorta di “sacco di
patate”. La metafora riguardava so-
prattutto il contenitore, cioè il sac-
chetto di iuta, ma descriveva al tem-
po stesso, con molta chiarezza, un
modello di integrazione efficace.
L’ordito di questa tela grezza rappre-
senta la cultura originaria. La trama
quella della“nuova patria”. Per essere
“patate”, cioè individui sociali, en-
trambi i fili dovrebbero armonica-
mente intrecciarsi. Si potrebbe obiet-
tare che il sacchetto di iuta raffigura
comunque un contenitore ed ha in
sé perciò qualcosa di costrittivo, tut-
tavia l’idea dell’incrocio tra trama e
ordito è molto bella.
Peccato che nella realtà le cose
non scorrano così lisce. Anche per-
ché la scuola, procedendo per ten-
tativi, costellati da successi ed insuc-
cessi, non è, né può essere, l’unico
scenario dell’integrazione. Al di fuo-
ri delle mura scolastiche, che delimi-
tano un’area protetta, esiste tutto
un mondo senza diritti: in primo
luogo quello, fondamentale, della
mancata cittadinanza fino a diciotto
anni, perché in Italia non si acquista
per nascita, ma per
jus sanguinis
.
Senza di essa, i minorenni sono de-
stinati a restare in un limbo senza
diritti e per questo si sta portando
avanti, con un’iniziativa
bipartisan
,
una proposta di legge ad hoc
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Sembrerebbe naturale e razionale
riconoscere la cittadinanza a chi è
nato in Italia, ma si incontrano resi-
stenze da parte di chi obietta che
l’estensione dei diritti civili e politici
non è di per sé garanzia certa di as-
similazione, come ci insegna il caso
dei giovani di seconda o terza gene-
razione in Francia e in Inghilterra:
anziché aderire ai principi di un pae-
se ospitante e ospitale, una parte di
loro ha intrapreso un itinerario re-
trogrado, sfociato talora nel fonda-
mentalismo.
Bisogna tener conto, comunque,
che quando si discute di tutto ciò, lo
si fa“sopra le teste”di questi ragazzi.
Attorno a certe questioni, come
quella dell’identità, essi risultano
ondivaghi o dislocati su posizioni
molto diverse. Pare, talvolta, che il
problema sia più “nostro” che “loro”:
“noi” non possiamo fare a meno di
formalizzare per conoscere, come ci
insegna Pirandello; “loro”preferisco-
no restare, così pare, in una zona in-
certa, una terra di nessuno, dove si è
liberi di essere e di non essere, di ap-
partenere e non appartenere. Ben
diversa invece la disponibilità a con-
dividere mode, consumi, gerghi e
atteggiamenti dei coetanei italiani,
salvo i casi di minoranza, in cui scat-
ta un tabù religioso, presso le fami-
glie islamiche più tradizionaliste.
Questi giovani, come tutti i giova-
ni, dovrebbero essere coltivati con
cura in vista del futuro. Sarebbe un
vero peccato perderli e vederli cer-
care una patria più accogliente,
dopo aver investito tempo, risorse
ed energie per la loro formazione.
Sarebbe un errore madornale farli
crescere nel limbo della non cittadi-
nanza e nell’ingiustizia, alimentan-
do rancori e risentimenti. Così come
sarebbe penoso incalzarli sul terre-
no dell’identità: vanno lasciati liberi
di scegliere e di non scegliere, nella
consapevolezza però di vivere in un
Paese che ha delle regole e dei prin-
cìpi civili di coesistenza, esplicitati
dal dettato costituzionale.
Francesca Meneghetti
Docente di lettere
ITIS “M. Planck”
Lancenigo (Tv)