QUADERNI DI
ORIENTAMENTO
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interviste, ma sarebbe meglio dire
dialoghi o colloqui, in parte registra-
ti e “sbobinati”, in parte intessuti ri-
correndo alle e-mail.
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In relazione al carattere esiguo del
campione e al metodo seguito, l’ope
razione mira a ricomporre dei ritratti
di persone e, nello sfondo, storie fa-
miliari, così da cogliere spunti e sug-
gerire possibili direzioni di ricerca e
approfondimento. Del resto, altre ri-
cerche hanno fatto leva sull’approc-
cio narrativo, che trova spesso utiliz-
zo della storia orale.
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Le opinioni espresse dai ragazzi,
con grande sincerità, nel corso di
questi colloqui su vari temi (la quali-
tà della loro vita, l’identità, la storia
della famiglia, la società italiana, le
relazioni culturali e religiose) risulta-
no molto variegate, non solo sul
piano dei contenuti, ma anche su
quello dello stile comunicativo. Col-
pisce il fatto che la loro percezione
del reale non sia per nulla riconduci-
bile entro rigidi schemi, tanto da
spiazzare il lettore (che ha sempre
dei pre-giudizi su di loro). Ma que-
sto trova riscontro in molti studi che
mettono in guardia dalle semplifi-
cazioni, in relazione alla complessità
del fenomeno.
Si avverte poi un profondo biso-
gno di “benevolenza” e ascolto, che
lascia intuire, alle spalle, zone di soli-
tudine, disagio, senso di abbandono,
ostilità verso i padri, o profonda in-
soddisfazione per il loro ruolo (di
padre-padrone, o, all’opposto, di
persona disinteressata verso i figli).
Colpiscono l’ottimismo, un’incredi-
bile capacità di tollerare con il sorri-
so “frecciate” (che non mancano in
una società tanto prodiga di invetti-
ve), veri e propri insulti (come lo
sputo in faccia) e le torture burocra-
tiche dopo il diciotto anni (per il per-
messo di soggiorno).
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La scuola si è rivelata come il pun-
to cruciale attraverso il quale una
generazione cruciale transita verso
l’età adulta e il consorzio civile: lo
spazio aperto dove si intersecano la
cultura di origine (di cui sono porta-
tori, in misura diversa, lo studente e
la sua famiglia); la cultura alta, na-
zional-europea, trasmessa dai do-
centi; e la cultura global-consumi-
stica dei coetanei. La palestra, dove
si fanno le prove di cittadinanza. La
piazza, dove l’esposizione a pressio-
ni identitarie e tensioni relazionali è
particolarmente forte.
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La scuola sembra essere d’altra
parte la zattera a cui questi giovani
si sono aggrappati, con determina-
zione, per galleggiare. E per riscat-
tarsi: è il passaggio obbligato per
arrivare all’università, a cui molti
ambiscono (attualmente vi occupa-
no una fetta pari al 2,9, secondo l’ul-
timo rapporto della Caritas Migran-
tes). È un’istituzione in cui hanno fi-
ducia: non ne mettono in discussio-
ne l’asse culturale.
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Siamo ben lon-
tani per ora, ma sul futuro si potreb-
bero nutrire dei dubbi, dagli atteg-
giamenti polemici e provocatori
raccontati nel film
La classe
di
François Bégaudeau,
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dove i giova-
ni svogliati e smaliziati di periferia
usano pretestuosamente la loro “di-
versità” per contestare l’insegnante.
Forse questi nuovi italiani si sento-
no tollerati dalla società e riprodu-
cono l’atteggiamento sottomesso
dei genitori. Forse qui trovano, da
parte degli insegnanti e dei compa-
gni, comprensione, rispetto e anche
ammirazione: per il loro impegno, e
la quotidiana battaglia contro le dif-
ficoltà linguistiche.
LA CROSS GENERATION E
LA SCUOLA: LE CRITICITÀ
IRRISOLTE
E, tuttavia, nella scuola si può leg-
gere un abisso, tra le teorie (i nume-
rosi convegni di formazione sulla
multiculturalità e l’intercultura) e le
pratiche quotidiane caratterizzate
da diverse criticità:
a)
In primo luogo resta irrisolta la
questione linguistica, che a volte