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ORIENTAMENTO E SOCIETÀ
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sofferenza, sia essa psichica, sia fisica.
Sofferenze, disagi, manifestazioni psi-
copatologiche, ecc. seguono così per-
corsi di senso differenziati, in funzione
dei vari sistemi simbolici all’interno
dei quali vivono le persone.
La clinica, per fini epidemiologici, di
ricerca, di classificazione, ecc., utilizza
strumenti finalizzati a cercare di dare
unità al mondo della psicopatologia
e non solo. Tali sistemi di classifica-
zione internazionali delle malattie e
dei problemi correlati, quali il DSM,
ICD, ICF ecc., seppur supportati dalla
stessa OMS, sono inequivocabilmen-
te strumenti classificatori portatori di
un’evidenza scientifica per la cultura
che li ha costruiti, e raramente sono
trasportabili
tout court
in altre realtà
socio-culturali diverse dalla realtà che
li ha generati. Ciò che è importante
sottolineare in tutto questo, è che una
volta che le categorie e le classificazio-
ni sono state create, esse si inseriscono
nelle mappe culturali di quella popo-
lazione, dando a questa gli
strumenti
per leggere la realtà.
In altre parole si costruiscono così
delle realtà che vengono percepite,
grazie a dei processi inconsci, come
oggettive ed universali, anche se non
è detto che lo siano. Questo sistema
di pensare e leggere la realtà che ci
circonda, entra fortemente in crisi
quando avviene l’incontro con il mi-
grante. Il tentativo di comprendere e
risolvere il disagio di persone apparte-
nenti a culture diverse, rischia di avere
alte probabilità di fallimento se non ci
sforziamo di adattare i nostri sistemi di
conoscenza alla nuova realtà che ab-
biamo davanti, e con cui dovremmo
andare ad operare.
Un caso abbastanza classico in cui
emerge in maniera forte questa dis-
sonanza tra costruzioni culturali è
l’utilizzo di test psicologici su soggetti
stranieri. I test psicologici, di qualsiasi
categoria essi siano, sono stati costruiti
per misurare ciò che la cultura di rife-
rimento ritiene più importante e con
modalità ad essa compatibili e fami-
liari. Se una persona non ha familiarità
ALLA RICERCA DEL TEST TRANS
La problematica, inerente la
somministrazione di un esame
psicologico a persone prove-
nienti da mondi culturali molto
diversi tra loro, e verso la realtà
culturale ospitante, ha mosso
tutta una serie di attenzioni fin
dalla metà del secolo scorso.
Già nel 1910, negli Stati Uniti
d’America, venivano elaborati i
primi test transculturali al fine di
poter esaminare le vaste ondate
di immigrati giunti nel loro pa-
ese fin dalla fine del 18° secolo.
Con l’arrivo di questi nuovi sog-
getti migranti, si è fatta sempre
più forte la richiesta di costruire
nuove batterie testologiche per
poter individuare ed utilizzare al
meglio le risorse umane che pro-
venivano dai vari paesi in via di
sviluppo, in particolare dall’Afri-
ca.
Le realtà scolastiche ove veni-
vano inseriti questi nuovi sog-
getti, come pure le realtà lavo-
rative più varie, ma soprattutto
il bisogno di costruire attorno a
loro progetti di orientamento in
senso lato, richiedevano di avere
dati ‘oggettivi’ sui singoli sogget-
ti in modo da poter rendere il
più efficiente possibile il loro in-
serimento, indipendentemente
dalla realtà specifica fosse essa
lavorativa, scolastica, o altra. Il
mondo della psicologia ha sem-
pre mostrato un interesse, per
altro via via crescente, verso lo
studio dell’applicabilità degli
strumenti testologici ai gruppi
culturalmente svantaggiati.
È comunque da tener ben pre-
sente che il concetto di svantag-
gio culturale è sempre un con-
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