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quali ci hanno nascosto le tracce, si
sono opposti al sapere ufficiale e
vittorioso, hanno proposto tesi di-
verse, hanno argomentato in modi
dimenticati, nascosti o vilipesi dai
vincitori, sottoposti alla
damnatio
memoriae
. Perché non permettere il
confronto fra le teorie scientifiche,
o fra le conoscenze “ufficiali” e
quelle perdute, perché non pro-
muovere nuovamente la loro di-
scussione e ...,restate seduti,… la
proposizione di nuove idee?
Negare la discussione, negare an-
che la conoscenza di discussioni av-
venute in passato, negare che si
possano scegliere gli argomenti an-
che per la dignità che assumono og-
gi e per la loro attualità significa
trasformare il passaggio della cono-
scenza in una modalità che presup-
pone che il sapere debba essere as-
sunto
su comando
. Ecco dove il pro-
blema dei contenuti si fonda con
quello della relazione.
Nei giorni scorsi erano ospiti a casa
mia alcuni amici dei miei figli coi
quali assistevano al programma
“Saranno famosi”. Davanti ad una
osservazione dell’insegnante di di-
zione che criticava un ragazzo, ho
assistito ad una piccola sollevazio-
ne corale: “Come si permetteva
quella docente di criticare un modo
di parlare con inflessioni dialettali?
Chi decide come si deve parlare?
Con che diritto?”
Vedete, basta osservarli un po’ da
vicino e si scoprono molte cose; si
scopre per esempio che la voglia di
parlare il proprio dialetto o sempli-
cemente con le proprie inflessioni
non è manifestazione di rozzezza o
di ignoranza ma, ancora oggi, vo-
glia di contare, di esserci senza
omologarsi a modelli che essi non
hanno contribuito a consolidare e a
fondare.
NON HANNO
CONTRIBUITO
Forse è questa l’espressione magica
e maligna, la più sentita dai ragazzi
d’oggi. Forse è questo ciò che si può
chiamare disagio. Il disagio a scuo-
la è il non sentirvisi come in un luo-
go che si ha contribuito a fondare.
La non attenzione a quanto vi acca-
de è il segnale che ciò che accade
non ci riguarda
.
LE NOSTRE
CLASSIFICAZIONI E I
RAGAZZI A RISCHIO
Ma, s’è detto, loro non lo chiamano
disagio. Questa parola non compa-
re nei loro scritti. Siamo noi a inse-
gnare loro come deve chiamarsi il
modo in cui si sentono, dopodiché,
se osserviamo che i ragazzi ci stan-
no obbedendo, cioè provano pro-
prio quel tipo di disagio che noi gli
abbiamo concettualizzato e inse-
gnato, allora, quasi soddisfatti di-
ciamo: “Provano disagio” e cerchia-
mo gli “esperti” per alleviarlo. Pas-
sare quindi dalla lotta contro il di-
sagio alla promozione del benesse-
re non è solo questione di ottimi-
smo e di uso di termini più piace-
voli. Il benessere si può costruire e
insegnare! E lo si può fare rispon-
dendo alla domanda di partecipa-
zione degli studenti, e non parlo
delle assemblee e delle occupazioni
ormai a volte stupidamente rituali!
Alla domanda di partecipazione si
risponde anche problematizzando
l’idea di prevenzione, o, subito, po-
nendo in luogo del termine “pre-
venzione” quello assai più coerente
di “attenzione”. Mentre l’attenzio-
ne
a tutti
, pur sentendoci tremare
per l’immensità del compito, è coe-
rente col nuovo principio della
scuola che si adatta alle differenze
individuali (differenze di tipi di in-
telligenza, di stile cognitivo, di stili
di pensiero ecc.), la prevenzione, lo-
cuzione tranquillizzante e riposan-
te, riprende l’antico equivoco di
una scuola alla quale l’altro si deve
adattare. L’altro, individuato per le
sue differenze, isolato nei nostri la-
boratori preventivi, viene quindi
etichettato come ragazzo a rischio e
poi, costruito il danno,
curato
. E’
quindi con forza che vorremmo gri-
dare che il maggior rischio per i no-
stri ragazzi è quello di essere chia-
mati
ragazzi a rischio
!
LA RELAZIONE
EDUCATIVA
La partecipazione di cui parlo entra
nelle discipline e diviene l’humus
per una nuova relazione insegnan-
te/allievo non più strutturata se-
condo lo stile del comando e del
rapporto di potere. In questa rela-
zione di nuovo tipo l’insegnante di-
smette (certo, lentamente) il suo
ruolo di portatore non-pensante
della scienza di chi nei secoli ha
vinto, e assume il ruolo di facilita-
tore, coordinatore della ricerca sul
sapere. Nulla del suo sapere viene
svilito o accantonato, ma a questo
se ne aggiunge altro, co-costruito,
insieme ai suoi allievi. Gli strumen-
ti già in atto e in via di sperimenta-
zione iniziano a fornire una ricca
scelta, ma gli strumenti senza un
loro buon uso valgono ben poco.
Poniamo l’attenzione in via d’e-
sempio a solo due di essi: l’appren-
dimento cooperativo e la mediazio-
ne e negoziazione con relativo con-
tratto nella scuola.
Orientamento e scuola
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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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