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ORIENTAMENTO
QUADERNI DI
ORIENTAMENTO 49
strumento per sviluppare aspetti più
“decorosi” e importanti del bambino/a,
come ad esempio i processi cognitivi,
le capacità sociali e relazionali. Inoltre
il movimento è spesso guardato con
sospetto da genitori e insegnanti che
vedono in essomomenti di pericolo per
la salute del bambino. Solo poche per-
sone conoscono e considerano l’attività
fisica un processo fondamentale per lo
sviluppo umano, per il benessere, per
una buona qualità della vita.
Nel caso dei bambini, il ruolo del mo-
vimento è non solo “denigrato” come
momento di crescita della persona, ma
il bambino stesso è poco considerato
(anche se a parole tutti affermano il con-
trario). Tre aneddoti che seguono esem-
plificano le difficoltà che la promozione
dell’attività motoria incontra quando si
vogliono promuovere situazioni/inter-
venti che, necessariamente, riguarda-
no i comportamenti e i convincimenti
degli adulti, nonché la riconsiderazione
dell’organizzazione degli spazi in cui
viviamo.
Caso 1
: Un’associazione che si occupa
di attività sociali ha costituito una rete
con alcune aziende di una città del nord
Italia, per accumulare fondi utili per la
costruzione di un parco giochi didat-
tico. Era stato studiato per lo sviluppo
motorio, validato scientificamente e a
disposizione di tutti i bambini/e della
città. L’associazione si sarebbe occupata
anche della manutenzione, di procura-
re pulmini per il trasporto dei bambini
dalle scuole dell’infanzia al parco, di for-
mare (in collaborazione con l’Universi-
tà) e mettere a disposizione educatori
specializzati per seguire i bambini nel
parco e favorire lo sviluppo di capacità
motorie di base. Dopo aver ottenuto
tutte le autorizzazioni necessarie e de-
positato i soldi in banca per il proget-
to, vi è stato un cambiamento nell’am-
ministrazione cittadina e il progetto è
stato fatto cadere nel nulla dalla nuova
giunta. Le aziende che avevano messo a
disposizione un’ingente cifra di denaro
lo hanno devoluto ad altre attività di
valore sociale per un’altra città.
Caso 2
: Una scuola dell’infanzia pari-
taria del nord Italia vince un bando di
finanziamento a fondo perduto che ha
permesso, con l’aggiunta di cofinanzia-
mento da parte della scuola, di proget-
tare la realizzazione di un parco giochi
didattico, come nel caso 1. Anche in
questo caso, tutto era pronto per dare
inizio ai lavori quando è sorta l’opposi-
zione di alcuni cittadini (per lo più an-
ziani) che hanno chiesto che lo spazio
destinato alla costruzione del parco fos-
se invece destinato alla realizzazione di
un campo bocce. Da notare che tale
spazio (confinante con la scuola e di
proprietà della locale parrocchia) era
incolto e abbandonato a se stesso da
decenni. Anche in questo caso i lavori
si sono fermati.
Caso 3
: In una città del centro-nord
Italia è stato firmato pubblicamente l’ac-
cordo per la costruzione di un parco
giochi didattico. Anche in questo caso
i fondi erano già disponibili e, come nel
caso 1, l’associazione promotrice as-
sicurava la manutenzione, la messa a
disposizione dei pulmini per le scuole e
l’impegno di personale formato a livello
universitario. Il giorno prima dell’inizio
dei lavori i rappresentanti degli abitanti
del quartiere in cui si sarebbe costruito
il parco giochi hanno presentato una
petizione avanzando lamentele relati-
ve al disturbo che i bambini avrebbe-
ro recato agli abitanti, all’aumento del
traffico conseguente all’arrivo di scuole
e genitori da altre parti della città. Per
non stroncare il progetto (totalmente
gratuito per la città, come quelli sopra
riportati) i cittadini suggerivano di spo-
stare l’iniziativa in un’area di degrado,
famosa per lo spaccio di droga, anche
per consentire la “riqualificazione”della
zona stessa. Anche in questo terzo ca-
sio lavori si sono fermati. Alla riunione
con i rappresentanti degli abitanti del
quartiere una signora si è alzata e ha
detto all’assessore che aveva firmato
l’accordo:
“ ...se sapevo... non la votavo!”
.
Questi tre aneddoti segnalano la gran-
de difficoltà che incontrano oggi le ini-
ziative di promozione dell’attività mo-
toria a favore dei bambini. A scontrarsi
contro le intenzioni di “buone pratiche
per la salute di tutti”, contro le evidenze
della ricerca scientifica sul ruolo a 360°
dell’attività motoria nello sviluppo del
bambino, contro l’idea che il bambino
“sano” oggi diventerà l’adulto che si re-
alizza pienamente domani, contro lo
stereotipo immaginario per cui in Italia
il bambino è al centro degli interessi, è
l’egoismo individuale, quello individuato
da UNDP come il primo grande nemico
dello sviluppo umano!
Conclusioni e
prospettive
Quanto detto sopra rende evidente
l’importante ruolo che tutti i cittadini
hanno o possono svolgere nella pro-
mozione della salute dei bambini (gli
adulti di domani) e degli adulti (di oggi).
In particolare, la scuola ha il compito
prioritario per il tempo che il bambino
trascorre al suo interno, mediamente
attorno alle 8 ore giornaliere. Gli inse-
gnanti dovrebbero essere molto attenti
a stimolare i bambini/e ad una vita atti-
va, favorendo in loro la pratica dell’atti-
vità fisica e lo sviluppo di competenze
motorie.
La situazione in Italia non è al mo-
mento incoraggiante. Da una ricerca da
noi condotta con alcune scuole dell’in-
fanzia del Trentino Alto Adige (Tortel-
la & Fumagalli, 2012) emerge che gli
insegnanti dei nidi, pur affermando di
avere chiaro il ruolo e l’importanza del
movimento nello sviluppo del bambino,
hanno una percezione dell’attività fisi-
ca da loro messa in atto con i bambini
discordante da quella effettivamente
realizzata, offrono opportunità squili-
brate di attività fisica prediligendo per
la maggior parte del tempo attività di
manualità fine, organizzano attività sco-
lastiche durante le quali i bambini sono
sempre seduti, prevale un atteggiamen-
to di accoglienza-accudimento e viene
perso di vista che lo sviluppo del bam-
bino necessita di esperienze. Infine non
considerano ambiente fisico e contesto
socio-relazionale variabili importanti per
lo sviluppo del bambino; di conseguen-
za non pongono attenzione a creare
condizioni utili alla crescita di esperien-
za motoria nei bambini. Questi ultimi
neppure lontanamente si avvicinano
alle quantità di attività fisica giornaliera
minime raccomandate dall’OMS e da
tutte le società scientifiche di settore
(60 minuti al giorno di attività vigorosa
e intensa)!
A questo punto, dopo questa sintesi
dei fatti ci si deve chiedere come fun-
ziona la responsabilità sociale. Chi pensa
ai bambini da 0 a 6 anni che non hanno
spazi a loro dedicati? Chi promuove la
“cultura del movimento” presso i ge-
nitori e gli educatori? Gli adulti hanno
certamente una grande responsabilità
sullo sviluppo di questi bambini. Come
possiamo contrastare questo “egoismo
sociale” che toglie loro le opportunità
di movimento, proprio in un momento
storico in cui i dati epidemiologici indi-
cano che per la prima volta nella sto-
ria dell’umanità le aspettative di vita si
stanno abbassando (Masala et al., 2010).
Con i bambini assistiamo proprio a
quanto A. Sen prospettava come base di
partenza: se non c’è equità sociale, non
c’è attenzione per i deboli. Se i bambini
piccoli avessero potuto partecipare alle
riunioni nei tre casi sopraccitati e dire la
loro e firmare una petizione a loro volta,
cosa sarebbe successo? Ma non posso-
no e qualcuno li deve rappresentare e
deve portare avanti i loro bisogni/diritti!
Chi li rappresenta? Chi si prende carico
dei loro bisogni/diritti, per promuovere
la libertà che sola pu portare allo svi-
luppo umano?
È triste ma i tanti diritti scritti e pre-
scrittivi dimostrano che siamo ancora
lontani, nel nostro Paese a promuovere
lo sviluppo umano. Per farlo occorre
pensare in grande, agire pensando allo
sviluppo umano guardando al mondo
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