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ORIENTAMENTO
QUADERNI DI
ORIENTAMENTO 49
attività fisica, per ogni sesso, età,
condizione economica, educazione,
provenienza etnica, disabilità;
d. rimuovere le barriere e facilitare
l’attività fisica.
Tra le aree prioritarie del progetto
segnaliamo:
1. le iniziative atte a diffondere attività
fisica a livello individuale come parte
integrante del proprio stile di vita
favorendone le occasioni di prati-
ca in ogni momento della giornata
intervenendo anche a livello di tra-
sporto, tempo libero, lavoro e sistema
sanitario;
2. la promozione dello sviluppo moto-
rio nel bambino e nell’adolescente.
Un ulteriore aspetto innovativo ri-
guarda la raccomandazione molto
forte data dall’OMS di implementare
programmi e progetti di attività fisica
con modalità “
evidence-based
2
.
Per quanto riguarda il punto 1 sopra
riportato, segnaliamo che per promuo-
vere, seguire e indirizzare questi sforzi
di utilizzare al meglio i molteplici ef-
fetti positivi dell’attività fisica, l’OMS ha
istituito anni fa un network collabora-
tivo a cui partecipano amministrativi,
politici, operatori e scienziati e che è
denominato HEPA (Health Enhancing
Physical Activity). Nel mese di settem-
bre si è tenuto a Belfast il 12° conve-
gno internazionale di HEPA nel quale
è stato rimarcato sia lo scarso utilizzo
delle informazioni provenienti dal mon-
do scientifico per progettare e imple-
mentare interventi validi, come pure
la carenza di dati scientifici adeguati.
Oltre al problema dell’inadeguatezza
metodologica che affligge molti studi
sull’impatto dell’attività motoria sullo
stato di salute (opinabile selezione dei
soggetti studiati, basso numero di os-
servazioni, ecc.), vi è l’ancor più grave
problema che il 50% della produzione
scientifica sull’argomento proviene da
soli 6 paesi (USA, Australia, Olanda, Re-
gno Unito, Canada, Spagna).
Poiché gli stili di vita sono aspetti
“culturali” di una popolazione/indivi-
duo e quindi fortemente dipendenti dal
contesto locale, resta difficile prevedere
se interventi pensati sulla base di evi-
denze scientifiche ottenute negli USA
o in Australia potranno avere lo stesso
impatto in paesi culturalmente diversi
come Italia, Grecia, Estonia e via dicen-
do. Da qui si deduce come una delle
iniziative principali da mettere in piedi
per promuovere la salute sia lo studio
scientifico“locale”dei
determinanti degli
stili di vita
.
Per quanto riguarda l’area prioritaria
relativa allo sviluppo di bambini e ado-
lescenti, è opinione condivisa in tutto il
mondo scientifico che adeguati livelli di
attività fisica sono requisiti fondamen-
tali per lo sviluppo motorio, cognitivo e
sociale dei bambini. Nonostante questa
precisa indicazione, in questi ultimi anni
si è assistito ad un progressivo calo dei
livelli di attività fisica svolta da bambini
e adolescenti, che stanno diventando
sempre più sedentari preferendo gio-
chi di non movimento ai giochi atti-
vi. Anche l’organizzazione scolastica
e familiare spesso facilita e promuove
comportamenti sedentari (TV, giochi al
computer, smartphone, ecc).
Il problema quindi non è più un pro-
blema soggettivo: seguendo le indica-
zioni di Sen, la sedentarietà, riducendo
la qualità della salute fisica, riduce la
qualità della vita anche in presenza di
fattori socio-economici potenzialmente
favorevoli. Il malessere di alcuni, in una
società ad alto tasso di comunicazione,
diventa il malessere di molti e innesca
una spirale negativa di percezione di
qualità della vita che ha conseguenze
su tutti i membri della società stessa.
Quindi gli interventi sull’attività fisica
devono essere a 360 gradi e coinvolgere
(sia in senso di “
essere destinati a
” che
in senso di“
richiedere la partecipazione
di
”) tutti i cittadini, indipendentemente
dallo stato culturale e socio-economico
della società in cui vivono.
Il ruolo della
comunità
In questo momento critico in cui i
bambini/e stanno diminuendo la prati-
ca dell’attività fisica si rende necessario
comprendere perché ci avvenga, per
poter intervenire e invertire la direzione.
Non è un compito semplice, poiché
il comportamento umano è un atto
multifattoriale.
Contestoe
ambientepossono
promuovereo
inibire lo sviluppo
e sonoorganizzati
in livelli
lo sviluppoè
incorporato inun
contestosociale,
culturalee
materialee in
processidi
sviluppo
Modellobioecologico
dello sviluppo
UrieBronfenbrenner
CHILD
SCHOOL
FAMILY
COMUNITY
Microsystem
Exosystem
Macrosyste
m
METODOLOGIA
L’interocontesto
contribuisceallo
sviluppodel
bambino/a
Figura 3:
Modello bioecologico dello
sviluppo di Urie Bronfenbrenner
Genitori, amici, educatori, conoscenti
e sconosciuti, tutti influenzano lo svi-
luppo psico-motorio del bambino.
Come mostrato dalla figura 3, i gradi
di influenza sono diversi con i genitori
più influenti degli educatori scolastici
(anche se la lunga permanenza giorna-
liera in ambiente scolastico e la spesso
lunga assenza giornaliera dei genitori
per motivi di lavoro tendono a ridur-
re la distanza tra questi due aspetti di
influenza). Ci che appare sempre più
chiaro (anche grazie ai dati di alcune
ricerche da noi condotte, vedi Tortella,
2012) è la dicotomia tra intenzioni ed
effetti dei comportamenti. Per esempio,
molte mamme di bambini che stanno
imparando a muoversi nello spazio stri-
sciando o gattonando intervengono
mettendo i bambini stessi su tappetini
o coperte tipo moquette: l’intenzione
è affettuosa e mira a non fare sentire
al bambino la durezza e il freddo del
pavimento.
Quello che per le mamme non re-
alizzano è che in questo modo viene
ostacolata la possibilità del bambino di
muoversi nello spazio. Quella che inizia
come tentativo di esplorazione, di sco-
perta dello spazio circostante, di crescita
di indipendenza e di autostima, si tra-
muta in frustrazione motoria che spinge
il bambino ad abbandonare l’impegno,
a diventare sedentario e soggetto pas-
sivo che attende l’intervento dell’adulto
per raggiungere il proprio scopo.
Spesso, come nell’esempio, i compor-
tamenti dell’adulto sono dettati dalle
credenze individuali, o collettive, dalla
mancanza di conoscenza e non dalla ra-
zionalità o dalla conoscenza scientifica.
La mancanza di consapevolezza degli
obiettivi motori e di conoscenza su co-
me perseguirli rappresenta il limite più
“pericoloso”che affligge molti di coloro
che si occupano dei bambini. La corre-
zione di questi “difetti culturali”richiede
necessariamente un lento, ma lungo
e costante percorso di educazione “di
massa” alla cura del bambino. La pre-
senza diffusa nella scuola di educatori/
operatori (nonché di libri e siti web) che
ancora non sono in grado di trasferire
nella pratica quotidiana la rivoluzione
culturale operata da Vygotskij
3
in merito
allo sviluppo del bambino, testimonia
della difficoltà di questo cammino e
della necessità da parte della “Società”
di porsi obiettivi programmatici a lun-
go termine.
… e quando
l’individualismo
prevale?
L’attività fisica per molti è rappresenta-
ta dal gioco ed è vista come momento
di svago, sfogo, da farsi magari quando
non ci sono alternative più importanti.
Come afferma il presidente della società
di psicologia dell’infanzia degli USA Ka-
ren Adolph (2010), l’attività motoria è la
“Cenerentola”delle attività umane, non
solo delle scienze. Essa è considerata
qualcosa di opzionale, da usarsi “quan-
do c’è tempo”, oppure da usarsi come
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