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QUADERNI DI
ORIENTAMENTO
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nigranti o escludere qualcuno dall’ac-
cesso a un sito. Altri autori, invece,
intendono lo squilibrio di potere co-
me l’incapacità o la difficoltà per la
vittima di fermare determinati atti di
bullismo (Rauskauskas e Stolz, 2007).
Un’altra caratteristica peculiare
del cyberbullismo che permette di
distinguerlo da altri fenomeni di ag-
gressione e dal bullismo tradizionale
(Kowalski e colleghi, 2008) è la mag-
giore difficoltà di identificazione del
possibile aggressore o aggressori. In
altre parole, le modalità attraverso
cui il cyberbullismo viene attuato
rendono molto difficile per la vitti-
ma conoscere l’identità e il nume-
ro degli autori di tali prepotenze e,
ancor più, poterli denunciare (pen-
siamo, ad esempio, alla difficoltà
di rintracciare la fonte originaria di
un sms offensivo diffuso ai danni di
un compagno e inviato di cellulare
in cellulare). Queste caratteristiche
del cyberbullismo aumentano inevi-
tabilmente i vissuti di insicurezza e
i sentimenti di impotenza di chi ne
è vittima. Numerose ricerche han-
no evidenziato come un’alta per-
centuale di cybervittime (dal 40 al
60%) non conosce l’identità del suo
aggressore, specialmente quando le
prepotenze avvengono solo tramite
internet (Yabarra e Mitchell, 2004).
La percentuale si abbassa al 22%
per quanto riguarda invece le ag-
gressioni elettroniche agite attra-
verso i cellulari.
La dimensione dell’anonimato, o
comunque di un certo grado di in-
visibilità, è interessante anche se
analizzata dal punto di vista di chi
attua prepotenze. Infatti, questa
caratteristica, aggiunta alla distanza
fisica che la tecnologia interpone tra
il prevaricatore e la vittima, può far
sì che anche ragazzi che esitereb-
bero ad aggredire in contesti reali
trovino il coraggio di farlo nell’am-
biente virtuale, ad esempio nascon-
dendosi dietro un nickname (Yabarra
e Mitchell, 2004). I dati presenta-
ti nello studio di Smith e colleghi
(2008) vanno a sostegno di questa
ipotesi, mostrando come il 25% dei
ragazzi classificabili come cyber-
bulli non erano bulli anche a scuola.
Vi sono quindi ragazzi che pur non
prevaricando nelle interazioni faccia
a faccia si rendono autori di preva-
ricazioni attraverso le tecnologie.
Un ultimo aspetto importante da
tenere in considerazione riguarda
“il pubblico”. I ricercatori che si oc-
cupano di bullismo sono concordi
nel descriverlo come un fenomeno
di gruppo, in cui anche chi osserva
assume un ruolo importante per il
mantenimento o l’interruzione delle
prepotenze a seconda dei compor-
tamenti che gli spettatori decidono
di adottare (sostenere o aiutare il
bullo, difendere la vittima, osservare
passivamente senza fare nulla; Cara-
vita e Gini, 2010). Nel cyberbullismo
il pubblico di cui dispone il bullo è
potenzialmente molto più vasto, ba-
sti pensare quante condivisioni può
raggiungere un video caricato su un
sito o su un social network. Stesso
discorso vale per un messaggio o un
video inviato tramite cellulare, che
può passare di telefono in telefono
raggiungendo anche persone al di
fuori del contesto di cui il bullo e la
vittima fanno parte.
Questa peculiarità, ossia l’ampli-
ficazione dell’audience, ci spinge a
interrogarci su quale sia il ruolo che
gli utenti delle tecnologie assumono
rispetto al verificarsi, anche quando
non ne sono direttamente coinvolti
come bulli o vittime. Un ragazzo che
riceve e ritrasmette un’immagine di
prepotenza o che visita un sito in cui
sono presenti filmati di cyberbul-
lismo può essere considerato uno
spettatore passivo dell’accaduto
o si configura piuttosto come so-
stenitore o aiutante del bullo? La
possibilità di individuare anche in
questo ambito ruoli differenti di par-
tecipazione al bullismo rappresenta
una delle frontiere di approfondi-
mento di questo fenomeno ancora
poco esplorato.
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