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QUADERNI DI
ORIENTAMENTO
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fosse e su cosa si volesse in futuro o in
che direzione si andasse, una riflessione
che si affidasse ad un pensiero narrativo.
Ed è stato questo il significato orienta-
tivo che ho dato al percorso di redazione
di ogni cv: c’era il supporto (lo facevamo
insieme), c’era l’attivazione (il sogget-
to veniva invitato a riflettere sulla sua
storia, a pensare, a scegliere le espe-
rienze da mettere, a selezionare le com-
petenze), c’erano i desiderata (pensare
a piani b o c, oltre il lavoro fatto), c’era
una costruzione comune di possibilità, di
“possibilitazioni”
, in ciò che Bruscaglioni
(2009) descrive bene come una paro-
la che può aprire molte strade.
“È vero
che è bellissimo cambiare. È vero che è
bellissimo restare. Ma è anche vero che
spesso è bellissimo dedicarsi ad aprire
nuove possibilità, a possibilitarsi, a rag-
giungere, prima di tutto dentro di sé, stati
di multi possibilità. E poter quindi sceglie-
re e sentirsi, almeno in una certa misura,
responsabili e protagonisti di se stessi”
.
Il tempo per la redazione del cv è du-
rato in media da una a due ore: molto
spesso gli utenti sono inviati dal servi-
zio accoglienza esclusivamente per la
redazione del cv, altre volte per definire
piani di azione lavorativi, scegliere la fa-
coltà o il corso di formazione più in linea
con interessi, competenze, aspirazioni,
o prepararsi ad un colloquio di lavoro, o
gestire un recente abbandono scolastico.
Spesso mi trovo a dover rispondere alle
esigenze dell’utenza con una modalità
snella, breve, leggera sia per l’uso degli
strumenti, che per il tempo dedicato (la
percezione degli utenti del contesto fa
loro immaginare e aspettarsi interazioni
di limitata brevità).
La difficoltà più grande è costituita
dall’importante lavoro di
“pulizia di cam-
po”
: riesco a proporlo nella prima parte
dell’incontro quando chiarisco gli obiet-
tivi e le attività del Servizio ed esplicito
il motivo di alcune specifiche domande
e quando cerco di offrire una buona ra-
gione e un obiettivo per farmi ascoltare
e per cui valga la pena dedicare tempo
e mettersi in gioco. Molto spesso prima
della redazione del cv dedico un po’ di
tempo (dal quarto d’ora alla mezz’ora)
alla creazione del setting, che permet-
ta di aprire poi la strada a ricostruzioni,
esplorazioni, criticità, potenzialità che
poi saranno utili per compilare il forma-
to scelto. Un tempo breve ma denso in
cui cerco di capire il punto attuale del
soggetto, le priorità, le aspettative, la
conoscenza dei servizi e la consapevolez-
za di quale supporto possono attendersi
dagli operatori.
Spesso, invito alla compilazione del
cv anche soggetti che non necessitano
immediatamente del modello per un
inserimento lavorativo, perché credo
che riformulare la storia personale che
appare neutrale, oggettiva e permet-
te di mantenere la giusta distanza con
l’operatore, fuga i timori, le perplessità
e facilita invece l’emersione di elemen-
ti salienti, soprattutto nei soggetti che
hanno forte difficoltà ad esprimersi, po-
ca consapevolezza delle proprie risorse,
difficoltà a mettere parole su quanto è
successo o su quanto hanno fatto, su
cosa sono cresciuti e su quali aspetti
hanno faticato. La scrittura, condivisa e
guidata, accompagnata, quasi protetta
dall’operatore, diviene uno spazio per-
sonale breve, ma ricco di passaggi che
sintetizzano il dinamismo della persona
nel tempo. In un’ora e mezza, due ore,
lentamente, penso che una buona parte
degli utenti faccia qualche piccolo passo
per entrare nella propria storia con una
visione più ordinata, consapevole, riac-
quistando potere, proprietà, soggettività,
su quella che è la
tecnologia di base
per
poter conquistare un posto nel mondo
del lavoro: il cv.
Quel cv che significa e valorizza se
stessi nelle propria diversità, che diffe-
renzia gli uni dagli altri, che separa dalle
precedenti espressioni generiche, del
tipo “
tanto abbiamo fatto tutti le stesse
cose”
,
“tanto in questi anni ho sempre
fatto quello”
, permettendo alla persona
di emergere nella sua individualità supe-
rando l’oggettività, la triste neutralità di
essere stati e di sentirsi ancora
“operatori
generici di produzione, operai metalmec-
canici, impiegati del settore produzione”
e di passare, invece, a descriversi nella
personalissimamodalità
con cui effettua-