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SPAZIO APERTO
ed è in grado di applicarle in maniera
compiuta.
a. Assimilazione
significa che si
adottano in toto le regole del pa-
ese ospitante, rinunciando quasi
completamente a quelle della pro-
pria cultura di origine.
b. Se l’adattamento avviene solo
in modo superficiale e in quanto
necessario per soddisfare le ri-
chieste professionali, si manifesta
una strategia di
separazione
, do-
ve vengono evitate le interazioni
con le persone del paese ospitante,
negandone la cultura e vivendo in
un’enclave dove vengono mante-
nuti vivi valori, simboli e rituali del
proprio paese di origine.
c. Per l’
integrazione
tra la cultura
d’origine e la cultura del paese
ospitante è necessario un grande
interesse da parte di entrambi. Si
sviluppa una nuova identità co-
smopolita che permette l’equilibrio
tra le richieste provenienti dalle
due culture. La riflessione critica
sugli standard culturali si traduce
nella scelta delle caratteristiche
positive ed utili e porta ad un pro-
cesso di apprendimento intercul-
turale da parte sia dell’individuo
che dell’ambiente sociale del paese
ospitante. Una delle conseguenze
di questo processo è la creazione
di reti internazionali che possono
rimanere attive per lungo tempo.
d. La
marginalizzazione
dell’ex-
patriat avviene, invece, quando
manca la motivazione a costruire
una rete sociale oppure quando
ciò non è possibile a causa di con-
dizioni esterne e quando risulta
debole il radicamento nella cultura
d’origine. Le conseguenze sono
l’isolamento e la sensazione di
essere senza patria. È questa una
situazione tipica dei migranti che
non hanno lasciato volontariamen-
te il proprio paese.
Quale di queste strategie si realizza
dipende solo in parte dall’individuo,
in quanto, oltre ai requisiti persona-
li (lingua, flessibilità, esperienze e
aspettative, motivazione), entrano
in gioco fattori culturali, lavorativi e
sociali di entrambi i paesi.
Condizione
sine qua non
per una
positiva integrazione è l’apertura
mentale e la stima nei confronti del
paese d’accoglienza, oltre che un
ambiente disposto ad accettare la
persona venuta da fuori. Stereotipi
e pregiudizi ostacolano la nascita
del senso di fiducia che è il punto di
partenza per una vera integrazione.
Esistono
tre indicatori
per valutare il
livello di successo nell’adattamento:
• soddisfazione soggettiva per le
condizione di vita e di lavoro,
• qualità delle relazioni sociali,
• grado di raggiungimento degli
obiettivi professionali prefissati.
Se è riuscito l’adattamento alla
cultura ospitante, nella vita di tutti i
giorni torna la serenità, l’expatriat è
diventato “funzionante”, raggiunge
gli obiettivi prefissati e ha ritrovato
la sicurezza in sé stesso. Adesso il
profitto della permanenza all’estero
raggiunge il massimo punto. Le con-
ferme ed i successi non mancano né
nella vita professionale né in quella
privata.
Ma poiché solitamente un’esperien-
za all’estero è una opzione a tempo,
ad un certo punto si profila all’oriz-
zonte la fase successiva, il ritorno in
patria.
7. LE PAURE DEL RIENTRO
Quando si inizia ad intravedere la
fine del lavoro o il completamento
del periodo di formazione all’estero,
nascono le prime paure sulle moda-
lità di rientro e sulla vita “dopo”.
Si può ritornare ad occupare la posi-
zione che si ricopriva prima di partire?
Si può fare un salto di carriera?
Si deve combattere di nuovo per
raggiungere una posizione interes-
sante?
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