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QUADERNI DI
ORIENTAMENTO
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costretti a scendere a compromessi
che vengono quasi sempre vissuti
come una sconfitta.
Ed ecco nascere sensazioni di an-
sia, insicurezza e frustrazione verso la
cultura ospitante, che provocano uno
stato di tensione permanente. Questo
stress complica le relazioni sociali e le
prestazioni lavorative, pregiudicando
a volte anche la salute.
Nostalgia di casa ed eventuali dif-
ficoltà di adattamento (ad esempio
all’alimentazione, agli standard igie-
nici, al clima, al ritmo della giornata)
possono fungere da catalizzatore dei
problemi.
In questa fase è possibile sentirsi
isolati e mettersi sulla difensiva, fa-
cendo paragoni tra il paese di adozio-
ne ed il proprio, sempre a svantaggio
del primo.
Nel caso di una coppia o di una
famiglia, tutti i componenti vivono
questa situazione di disagio, in par-
ticolare se lo sforzo di organizzare la
vita quotidiana e la responsabilità
di creare un nuovo ambito sociale
ricade completamente sulle spalle del
partner non lavoratore. Se questi è
costretto a rinunciare ad esercitare la
propria professione e deve circoscri-
vere la propria attività alla casa ed alla
gestione familiare, può raggiungere
velocemente un notevole livello di
frustrazione, perché gli vengono a
mancare le conferme esterne, con
ricadute negative anche sul rapporto
di coppia.
Altri fattori che possono aggravare
la fase dello shock culturale riguar-
dano un abbassamento delle man-
sioni lavorative svolte nel paese di
accoglienza rispetto a quelle svolte
nel paese di provenienza. Una chiara
definizione del periodo di tempo che
si intende trascorrere all’estero ed
una fortemotivazione possono, però,
evitarne l’insorgenza o mantenerlo
ad un livello molto ridotto.
Lo shock culturale non è però un
fatto che avviene inmaniera automa-
tica. Dipende piuttosto dalla prepara-
zione dell’individuo: conoscenze ed
esperienze già acquisite sulla cultura
del paese ospitante, similitudine tra
la propria cultura e quella di acco-
glienza e ampiezza della rete sociale
sono ammortizzatori ideali che con-
sentono di evitare, passata la prima
entusiastica fase, la sensazione di
disorientamento.
Gli obiettivi che ci si prefigge di
raggiungere nel periodo iniziale all’e-
stero non dovrebbero essere troppo
alti. È preferibile proseguire a passo
lento, ponendosi molti obiettivi in-
termedi, che possono sembrare di
poca importanza, ma che, nel loro
insieme, aumentano la resistenza allo
stress. Questo processo è da pianifi-
care con una tempistica adeguata, ad
esempio ponendosi come obiettivo
per quanto riguarda lo studio di una
lingua o di una materia un esame
da superare, per l’andamento della
prestazione lavorativa un colloquio
di valutazione con il superiore, per
la conoscenza dei vicini un invito in
casa e così via.
In questa fase, parenti ed amici ri-
masti in patria sono di importanza
fondamentale per “sfogarsi”e trovare
consolazione in situazioni difficili e
costituiscono una continua fonte di
incoraggiamento per ritrovare la forza
di uscire dallo stato di shock culturale.
La durata di questa fase dipende sia
dalle misure di preparazione messe
in atto sia dal singolo individuo. Può
essere molto breve se vi sono state
esperienze precedenti e se, prima del-
la partenza, si è condotta un’analisi a
360%del paese di accoglienza e degli
ostacoli da superare. In altri casi inve-
ce possono passare anchemesi prima
che si riesca a trovare una dimensione
“di agio” nel paese di accoglienza.
6. ADATTAMENTO
Dopo la positiva elaborazione
dello shock culturale arriva la fase
della acculturazione, cioè quella in
cui l’expatriat ha compreso le regole
del gioco del paese ospitante e delle
istituzioni rilevanti per la propria vita