QUADERNI DI
ORIENTAMENTO
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va benissimo, ma sembra che non si
riesca a cogliere la questione fonda-
mentale: la scuola sta vivendo di fat-
to una crisi dovuta alla difesa di ge-
rarchie che ai ragazzi sono divenute
insopportabili o del tutto invisibili. E
non dovremmo stupircene, dato
che anche l’adulto le vede sempre
meno.
I libretti sulle nuove competenze
del dirigente d’azienda pullulano
sugli sca#ali degli autogrill e degli
aeroporti, tutti, più o meno dicono
che è !nito il tempo del comandare
e che bisogna invece corresponsa-
bilizzare. Ora, il fatto che le gerar-
chie diventano meno visibili signi!-
ca che l’attività dell’apprendere non
può più motivarsi con l’ordine di ap-
prendere. Si parla spesso di motiva-
zione (anche se qualcuno a livelli
ministeriali dice che non si dovreb-
be parlarne più), e si crede ancora
che essa sia una sostanza misterio-
sa,
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di"cile da separare da un intol-
lerabile rumore di fondo, ma moti-
vare oggi può semplicemente voler
dire
fornire ai ragazzi argomenti re-
torici con i quali difendere il fatto che
studino.
Abbiamo infatti reso quasi
disonorevole il farlo,
giacché il farlo
vuole ormai dire “obbedire”.
Va da sé che simili argomenti reto-
rici consisteranno in profondi cam-
biamenti dei modi dell’insegnare e
dell’apprendere.
Per tornare all’incipit di questo
scritto, abbiamo a scuola oggi teste
che vorrebbero negoziare il sapere:
teste potenzialmente ben fatte, po-
tenzialmente, perché occorre che il
nuovo sapere passi, anzi, si costrui-
sca, in altro modo.
Se la frase di Melchiorre Gioia rap-
presentava una buona sintesi
dell’ideologia dell’epoca, la nuova
frase, quella dei nostri tempi, (spero
mi si dispensi dal dire che siamo
fuori dal tempo delle ideologie, dato
che questa sarebbe ideologia delle
più banali) potrebbe suonare così:
“
Tutta la gioventù avrà un’educa-
zione rispettosa delle di!erenze indi-
viduali, fondata sui più solidi principi
della democrazia. Si avvezzeranno
per tempo i "gli della terra alle fati-
che e ai travagli di chi si dovrà batte-
re per la pace. Si farà in modo che la
fatica di vivere sia sostenuta dal pia-
cere della solidarietà o!erta e rice-
vuta, si farà in modo che tutti possa-
no sentire alleviati gli estremi del
caldo, del freddo, della fame, della
sete, si formeranno insomma tanti
cittadini del mondo.”
È probabile, ma vado a spanne,
che questa possa essere una frase
condivisa da una buona parte dei
nostri giovani, ma come tutti sap-
piamo, altrettanto presente e condi-
visa, potremmo aggiungere questa:
“Tutta la gioventù avrà un’educa-
zione rispettosa delle leggi del merca-
to, dato che in questo si riassume
l’idea di democrazia. Si avvezzeranno
i giovani alla disciplina, allo studio di
chi dovrà soprattutto “riuscire” nella
vita. Si farà in modo che le coscienza
siano tranquille e che caldo, freddo,
fame , sete, diventino da calamità ri-
sorse per inventare nuovi prodotti e
incrementare la produttività. Si for-
merà insomma un grande, libero,
mondo-mercato.”
Potremmo simpatizzare per l’una
o l’altra posizione o per le in!nite
vie di mezzo, ma resti in noi un mar-
gine salutare di dubbio. È !nito il
tempo delle certezze assolute.
Ecco quindi: contraddizioni nel
tipo di richiesta (la televisione, catti-
va maestra? buona maestra?, le ac-
centua), contraddizioni nel campo
della possibilità delle relazioni
(emergi restando sommerso), con-
traddizione quando si vogliono pas-
sare saperi comandati a ragazzi di-
sobbedienti.
Le teste ben fatte di oggi son teste
che hanno al loro interno, non solo
“più cose” di prima, ma più varietà e
contraddizioni, sono le teste domi-
nate dal dubbio, che possono per-
mettersi di leggere criticamente la
realtà o di accettarla acriticamente,
o di far l’uno e l’altro.