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di lavoro in Italia, percependo il giu-
dizio negativo degli astanti a causa
delle sue difficoltà di espressione, si
giustifica dicendo “io nella mia lin-
gua sono intelligente”. Questo afori-
sma centra la problematica e pone
notevoli punti di riflessione.
Altre criticità riscontrate sono la
difficoltà nella valutazione, nella
scelta dei testi da adottare e nell’or-
ganizzazione dei corsi di recupero,
nonché l’abbandono e la dispersio-
ne scolastica soprattutto se viene
posta insufficiente attenzione al
contesto di vita del ragazzo. I casi
più critici sembrano emergere in
particolare in quelle situazioni in cui
la famiglia è eccessivamente rigida
o non presente, andando così ad
ampliare problematiche adolescen-
ziali e linguistiche già presenti.
Notevoli possono anche essere le
difficoltà che emergono nel passag-
gio dal biennio al triennio a causa
delle competenze culturali richieste
(l’“Inferno” di Dante, per esempio,
può risultare di difficile compren-
sione per un musulmano che non
possiede una chiara idea di come
sia strutturata la rappresentazione
dell’oltretomba cristiano). Anche le
incertezze linguistiche possono es-
sere un ostacolo all’apprendimento,
oltre alle interferenze che si posso-
no avere nell’apprendimento di più
idiomi, il giovane che ha lasciato il
suo Paese d’origine non avendo an-
cora del tutto formate e sedimen-
tate le categorie linguistiche della
propria lingua, può mancare di basi
stabili per un confronto, sperimen-
tando quindi confusione ed incom-
prensioni.
Al fine di ascoltare anche il pun-
to di vista dei diretti interessati, è
stato in seguito organizzato un in-
contro con un gruppetto di quattro
ragazze ed un ragazzo del biennio
arrivati in anni diversi da Serbia,
Bosnia, Romania, Austria e Turchia.
Dalle loro parole emerge una con-
cezione positiva dell’inserimento
scolastico data anche dalla pre-
senza di molti studenti nella loro
stessa condizione, “
è anche diver-
tente che ognuno racconti da dove
arriva e pensare che siamo tutto un
miscuglio”
, rivela la ragazza rome-
na. I corsi di recupero pomeridiani
di italiano, storia, diritto ed econo-
mia vengono però vissuti in modo
ambivalente, come un’attività utile
ma per certi versi discriminante: i
ragazzi si chiedono perché solo i
non italofoni, con carenze in que-
ste materie, vengano inviati a tali
corsi di supporto; sostengono che
la frequenza dovrebbe essere am-
pliata anche agli italiani perché le
difficoltà non sono date dal loro
essere stranieri ma semplicemente
dal fatto che la materia può risulta-
re più ostica di altre.
Una volta superate le barriere lin-
guistiche, emerge dunque il desi-
derio di non essere più considerati
come “casi particolari” nella scuola
ma come studenti uguali a tutti gli
altri. Chiedono di superare le resi-
stenze come già accade tra i loro
coetanei, riconoscere le differenze
culturali come peculiarità di ciascu-
no, senza che però diventino osta-
colo alla convivenza. Desiderano
che venga preso in considerazione
semplicemente quel "lato umano
uguale in tutti", quella componen-
te che permette ad un ragazzo del
Kosovo e ad una ragazza serba di
diventare buoni amici a discapito
di tutto l’odio presente tra le loro
popolazioni d’origine. Chiedono di
essere considerati come persone,
non come rappresentanti di una
categoria, portatori di caratteristi-
che determinate e stabili.
È necessario dunque, utilizzare
una concezione di cultura
fluida
,
non partire dall’idea che essa sia
qualcosa che ci possiede, qualcosa
di statico e immutabile che ci im-
briglia e ci costringe a determinati
comportamenti. La cultura è una
componente dinamica, soggetta
a mutamento e alle influenze del