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QUADERNI DI
ORIENTAMENTO
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sfugge necessariamente nelle sue
ramificazioni infinite (Jedlowski
P., p. 4). È questo il sistema, mai
interamente concluso e sempre
processualmente facentesi, che
ciascun narratore consegna agli
altri, coetanei o più giovani di lui,
ed è questa l’ipotesi che è soste-
nuta discretamente nel volume,
grazie ai contributi dei vari autori,
e posta, come una sorta di insight
o di autosvelamento biografico,
a fondamento di quella narrati-
vità, inscritta in una pedagogia
narrativa, da Raffaele Mantegaz-
za in poi, di chi scrive di sé, auto-
biograficamente “soltanto oggi,
dopo aver terminato di scrivere
questo contributo, mi pare di ave-
re, provvisoriamente, una visione
chiara (seppur modificabile) ed
una interpretazione (possibile) di
come sia giunto all’orientamento
narrativo, soltanto oggi vi è una
prima narrazione disponibile cir-
ca l’orientamento narrativo” (Bati-
ni F., p. 82).
Il volume, però, non si chiude
con questo autosvelamento, esso
si lascia interrogare più e più vol-
te, si fa rileggere quasi seduttiva-
mente, perché se è sistemazione
non dogmatica del paradigma
narrativo in educazione è anche
l’incipit continuo a narrarsi da
parte del lettore, almeno di que-
sto lettore perché, trasponendo
su di un altro piano le parole di
uno degli autori, “la narrazione
non è la rivelazione all’ «esterno»,
agli altri, di una conoscenza «in-
terna» prodotta dalla mente in-
dividuale in isolamento ma è una
produzione dialogica (Markovà e
Foppa, 1990) in cui i narratori e
gli ascoltatori cooperano alla co-
costruzione di quella particolare
realtà che è il «sé»” (Mantovani
G., p. 37) e, in questo caso, del «sé
diasporico».
In tal senso l’implicazione edu-
cativa e formativa del metodo
autobiografico, emergente sui
generis anche da questo volume,
viene riconosciuta non soltanto
per il narratore o per i narratori
che raccontano di sé attraverso
un approccio di tipo «cognitivo»,
ma anche per il lettore/ascoltato-
re competente che, stimolato dal
confronto con l’altrui testo, tanto
su un piano di recupero dei propri
ricordi quanto di riflessione e di
sapere esperienziale, traduce, se-
condo un approccio di sensema-
king e a partire dal proprio «po-
sizionamento narrativo» (Smorti
A., pp.35-37), la sua «discorsività»
con i vari autori dei capitoli, ora in
un fare «retorico», ora in un fare
«dialogico» e ora in quello «coo-
perativo».
Per tornare a «Le Storie», l’orien-
tamento narrativo proposto dal
volume, in opposizione a quel-
lo logico-scientifico (Batini F., p.
113), fa derivare le ricadute edu-
cative e formative del metodo
dalle due dimensioni rintracciabi-
li all’interno di ogni storia narrata
e di ogni nuovo sapere prodotto
dall’atto del raccontare: la dimen-
sione personale e la dimensio-
ne sociale dei ricordi personali;
dimensioni che si alternano co-
stantemente, come in un gioco
di figura e sfondo; la persona che
si racconta narra di sé quì e ora,
quale individuo temporalmente
e storicamente determinato e,
pertanto, racconta di quei tempi,
di quei luoghi, di quella cultura,
contribuendo ad arricchire anche
il bagaglio di conoscenze e di sa-
pere dell’altro; tuttavia, sempre a
partire dal fatto che il suo ricor-
dare è un’azione del presente e
mai del passato è cioè un’atto di
ri-costruzione che si pone non
solo per ordinare, ma anche per
orientarsi o ri-orientarsi “perché
una delle fondamentali finalità
dell’orientare è quella di promuo-
vere nella persona un’autonomia
nel (ri)conoscersi ed accettarsi,
una capacità concreta di indivi-
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