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ORIENTAMENTO
sere recettivi verso i particolari e di
improvvisare a seconda del contesto
(Galvin e Todres, 2007). Per poter fare
questo è necessario padroneggiare sia
le abilità analitiche derivanti dall’uso
della logica, che quelle intuitivo–cre-
ative. L’abilità di passare velocemente
dall’una all’altra, mantenendo chiari
sia i dettagli che la visione d’insieme
è data dall’utilizzo del pensiero con-
templativo (Pierson, 1997).
Si tratta di un processo naturale e
spontaneo di esplorazione del signifi-
cato, che non richiede intenzionalità,
anzi, necessita di “
non-volontà”
e rilas-
samento. Non esige che un concetto
venga compreso a fondo, ma sempli-
cemente che venga intuito.
Il pensiero contemplativo può es-
sere utilizzato per risolvere problemi
complessi: nella sua forma partecipati-
va permette di attuare con la fantasia
una serie di scenari possibili, in modo
da predisporsi al futuro con una men-
talità più aperta. Con l’immaginazione
possiamo anticipare esiti e possibilità
nel tempo. Nel pensiero contemplati-
vo c’è l’interconnessione tra passato e
futuro, una molteplicità di connessioni
tra pensieri, sensazioni e situazioni
(Galvin e Todres, 2007).
È il pensiero che giunge quando
abbiamo smesso di pensare. È ciò
che permette ad artisti e scienziati
di andare oltre i modelli di pensiero
convenzionali e di sviluppare idee in-
novative (Pierson, 1997). Tuttavia esso
non è un’attesa passiva, ma uno sforzo
per lasciare aperte le porte all’innova-
zione e alla creatività (Galvin e Todres,
2007). Richiede una sorta di neutralità,
un tentativo di sospendere i giudizi e
le classificazioni: in pratica necessita
di superare i confini restrittivi del lin-
guaggio.
Spesso, infatti, ciò che scaturisce
dal pensiero contemplativo è defini-
bile a malapena come un’intuizione e
non esistono parole o espressioni in
grado di trasmetterne efficacemente
il contenuto.
stituito le basi delle scienze umane
moderne (Stock, 1994).
Successivamente, tra le altre in-
fluenze, la Rivoluzione Industriale ha
apportato un’ulteriore spinta al distac-
co: l’inclinazione moderna per l’effi-
cienza, la velocità e la produttività,
così come la gara per tenere il passo
con l’aumento di informazioni, hanno
contribuito a relegare l’attività con-
templativa sempre più ai margini della
cultura occidentale. Tutta l’attenzione
è rivolta alla performance, alle abilità
che è possibile esibire a comando, ma
ciò non costituisce che una misura
superficiale del processo di pensiero e
della potenzialità umana (Hart, 2004).
Oggi si assiste ad un ritorno di in-
teresse per le attività di pratica me-
ditativa, in particolar modo a seguito
delle tante pubblicazioni che rivaluta-
no l’importanza degli effetti benefici
della meditazione sul rilassamento
del corpo, sulla concentrazione, sul
benessere psicologico, sull’armonia e
sull’efficienza di mente e corpo (Stock,
1994).
Galvin e Todres (2007) affermano
che è stato commesso un errore quan-
do in epoca post-moderna scienza,
arte e morale sono state separate: si-
curamente la specializzazione che ne
deriva porta con sé i suoi pregi, ma
comporta anche una dissociazione,
uno sviluppo irregolare di conoscenze
e valori. Già Aristotele pur separando
techne
, intesa come conoscenza su
come “
fare le cose
”, e
phronesis
ritenuta
come capacità di intuire qual è il giu-
sto modo per raggiungere un obietti-
vo, le considerava complementari per
poter ottenere una visione d’insieme
completa che permettesse di cono-
scere e di seguire il percorso migliore
per giungere all’
eudaimonia
, la felicità.
Polkinghorne (2004) vede nella
phronesis
aristotelica un ampliamen-
to della comprensione tradizionale
della razionalità; la vera saggezza si
ottiene quando si è in grado di varia-
re a seconda delle situazioni, di es-
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