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ORIENTAMENTO
L
LA CREATIVITÀ E I SUOI
STRUMENTI DIGITALI
NOTE PER UNA FENOMENOLOGIA
DELLO “SCAMBIO EVOLUTIVO”
Stefano Moriggi
Le nuove tecnologie
che modificano
i modi e i tempi
delle nostre azioni
e delle nostre relazioni
rimodellano anche
il concetto e la pratica
della nostra creatività
PREMESSA
A margine di una conferenza tenuta
qualche mese fa in un istituto scolastico
romano e dedicata alla filosofia della
tecnologia, una professoressa mi ha reso
partecipe di una sua reale preoccupa-
zione. Il timore di quella docente di let-
teratura italiana e latina (con la passione
per l’informatica) era che il costante in-
cremento e l’incontrollata diffusione di
device
digitali sempre più performanti
potesse inaridire la creatività, in parti-
colare dei più giovani. In altre parole
e senza inciampare in ingenue ansie
tecnofobiche, l’insegnante in questio-
ne temeva che l’esternalizzazione del
sapere in protesi e supporti digitali se
da un lato avrebbe inaugurato un nuo-
vo orizzonte di opportunità concrete e
pragmatiche (velocità nella comunica-
zione, inedite possibilità di condivisione,
interazione di contenuti, ecc.); dall’altro,
invece, avrebbe portato a una delega
della creatività umana agli schemi ope-
rativi e preconfezionati resi disponibili
dal fiorente mercato delle app.
L’osservazione è profonda almeno
quanto grande è il rischio che prospetta.
Nella questione, così come è stata po-
sta, si tratta infatti di comprendere se
il prezzo da pagare per esternalizzare
e condividere contenuti e pratiche di
lavoro (o di studio) sia effettivamente
l’introiezione di schemi e mappe con-
cettuali prodotti a tavolino dall’industria
informatica.
Una tesi analoga è stata di recente
presa in esame da Howard Gardner,
docente di Scienze cognitive e dell’e-
ducazione e di Psicologia alla Harvard
University. Nel suo recente
Generazio-
ne app. La testa e i giovani e il mondo
digitale
(Feltrinelli, 2014), lo scienziato
statunitense, insieme alla sua collabo-
ratrice Katie Davies, osserva appunto
come “
i giovani di quest’epoca non solo
sono immersi nelle app, ma sono giunti
a vedere il mondo come un insieme di
app e le loro stesse vite come una serie
ordinata di app o forse, in molti casi,
come un’unica app che funziona dalla
culla alla tomba
”. Gardner, nel suo libro,
racconta addirittura di un giovane che
al termine di una sua conferenza gli ha
chiesto: “
Perché nel futuro dovremmo
avere bisogno della scuola? […] In fondo
la risposta a tutte le domande sono con-
tenute in questo smartphone, o presto
lo saranno
”.
Certo, alla luce di domande come
queste pare più che plausibile il timore
della docente romana. Non solo, sem-
brano tornare di scottante attualità an-
che le parole di Keith Haring sulla“esteti-
ca delle macchine”. Nel suo Diario (Mon-
dadori, 2008) il celebre artista scriveva
nel merito: “
i computer hanno un senso
estetico? I modelli dell’estetica possono
essere programmati e inseriti da un com-
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