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ORIENTAMENTO
anni ’50 e gli anni ’60: si passa addirittura
dall’ordine di poche centinaia a quello
dellemigliaia, provocando, come spesso
accade in questi casi, ambiguità e disac-
cordi. Mentre le definizioni di Tylor, Arieti,
(cit. in Antonietti, 1991) consideravano
ancora distinte la creatività ordinaria,
posseduta da tutti ed esprimibile nel-
la quotidianità, da quella straordinaria,
manifestabile solo in rare e straordinarie
occasioni, quelle di Sternberg (2007), De
Bono (1981), Adams (2001) collocano la
creatività all’interno del pensiero umano,
ponendo così le basi del dibattito tra
logica e creatività.
Il pensiero creativo è visto come quella
parte opposta ma complementare del
pensiero critico. Una vera e propria atti-
tudine, piuttosto che un’abilità specifica
che va incoraggiata ed allenata regolar-
mente, il cui scopo è trovare soluzioni
nuove ed originali a situazioni proble-
matiche o comunque interpretate come
tali. Le nuove idee dovrebbero giungere
improvvise, copiose, fluenti e flessibili,
originate da nuove associazioni tra gli
elementi a disposizione.
La loro potenzialità, anche se spesso
non viene immediatamente riconosciu-
ta, consiste nella loro innovazione, nel
provenire da strade che raramente ven-
gono prese in considerazione. Per poter
giungere a ciò è necessario abbandona-
re gli schemi convenzionali e superare
i blocchi che l’abitudine e la cultura ci
impongono; nonché avere il coraggio di
sostenere le proprie idee anche quando
vanno controcorrente.
IL RAPPORTO TRA
PENSIERO CRITICO E
CREATIVO
Sebbene il pensiero creativo goda
ormai di un ambito di studi dedicato
ed indipendente, è inevitabile notare
come esso abbia dovuto ritagliarsi una
posizione propria all’interno di spazi pre-
cedentemente occupati dal più stabile
e affermato pensiero critico. Molti autori
citati riescono a definire il pensiero cre-
ativo solamente mediante il confronto
con il pensiero critico. Da tale paragone
sono scaturite diverse interpretazioni,
che secondo Glassner e Schwarz (2006)
seguono principalmente due linee.
La prima sottolinea le differenze tra le
due tipologie, ponendole in netta con-
trapposizione. Il pensiero critico viene
descritto come analitico, convergente,
verticale, concentrato, obiettivo, verba-
le, lineare e il pensiero creativo viene
definito come generativo, divergente,
laterale, diffuso, soggettivo, visivo, as-
sociativo. La seconda interpretazione
afferma che la creatività risulta essen-
ziale per il pensiero razionale e che è
quindi impossibile separare il pensiero
critico da quello creativo.
Nella seconda linea troviamo anche
De Bono che, sebbene avesse tracciato
insieme a Guilford un netto confine tra
pensiero critico e pensiero creativo, so-
stiene che sarebbe un errore considera-
re trascurabile il pensiero verticale esal-
tando solamente il pensiero laterale: «
la
logica guida il pensiero verticale e serve
il pensiero laterale
» (De Bono, 1981, p.
17). Il pensiero laterale rompe gli schemi
vecchi ma quello verticale è necessario
per crearne di nuovi, altrimenti non vi è
congiunzione tra il punto di partenza e
quello di arrivo del ragionamento.
Diversi autori (Moore, McCann e Mc-
Cann, in Demir et al. 2011) interpretano
il pensiero creativo e quello critico come
due facce della stessa medaglia. Entram-
bi sono processi cognitivi e proprio da
questa loro natura sono accomunati. A
distinguerli è il prodotto che si ottiene
alla fine del processo. «
Mentre il pen-
siero creativo è divergente, il pensiero
critico è convergente; mentre il pensiero
creativo cerca di creare qualcosa, il pen-
siero critico tenta di misurare il valore
e la validità di qualcosa che già esiste;
mentre il pensiero creativo è mosso dalla
violazione di principi riconosciuti, il pen-
siero critico si basa sull’applicazione di
principi riconosciuti. Sebbene pensiero