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ORIENTAMENTO E SOCIETÀ
va implica un bisogno di modi!care
l’approccio stesso all’orientamento
e chi opera professionalmente in
questo ambito deve prepararsi ad
espandere i propri con!ni di inter-
vento, per entrare in una prospetti-
va di
lifelong career guidance
.
Ma cosa signi!ca aiutare le per-
sone ad orientarsi nell’era della
complessità? Scanagatta (2002) ci
parla di un “ecosistema soggettivo”
proprio per indicare un “territorio
personale di conoscenza” in cui il
soggetto è chiamato ad esercitare
attivamente la propria capacità di
governo
. Questo esercizio di potere
sulla propria realtà soggettiva non
è delegabile, diventando un vero e
proprio imperativo per tutte le per-
sone che devono cercare una pro-
pria dimensione professionale
nell’era della globalizzazione: “
Ciò
che conta è prendere atto che dietro
a questi aspetti vi è sempre una ca-
pacità di governo, che è la vera so-
stanza dell’identità sociale con cui la
persona costruisce il proprio percor-
so di vita
” (Scanagatta, p.161). Si
tratta quindi di promuovere una
capacità, non banale e non sempli-
ce da apprendere, di direzione, di
orientamento strategico, di
gover-
no
della propria evoluzione profes-
sionale.
Questa competenza, tipica delle
!gure manageriali e delle professio-
nalità più alte, diventa invece una
risorsa fondamentale per superare
le fasi di transizione sociale, formati-
va e professionale che tutte le per-
sone sono chiamate, sempre più
spesso, ad a"rontare. L’orientamen-
to, nella società post-moderna della
complessità, diventa, in questo sen-
so, un compito educativo perma-
nente (Girotti, 2006), per ogni indi-
viduo, dall’infanzia alla vita adulta,
proprio per apprendere quelle com-
petenze che ci consentono di tene-
re, con mano ferma e manovrare
saggiamente, l’invisibile timone del-
la nostra carriera formativa e profes-
sionale.
L’esigenza di trovare forme e modi
per aiutare gli individui a “navigare”
in questi mutevoli contesti obbliga
l’orientamento, come aveva già sug-
gerito Peavy, ad una profonda ri#es-
sione e riformulazione delle proprie
basi teoriche e pratiche professio-
nali (Peavy, 1997). Chi svolge profes-
sionalmente, in qualsiasi contesto,
la funzione di orientamento deve
infatti essere in grado di compren-
dere le cause e gli e"etti di queste
trasformazioni e soprattutto come
esse entrino in relazione con le si-
tuazioni soggettive degli individui e
con i processi di costruzione
dell’identità personale in contesti
complessi e pluridimensionali (Ian-
nis, 2000).
Norman Amundson propone di
superare molte consuetudini legate
agli spazi, ai tempi, ai modi di parte-
cipazione, alle variabili di indagine,
alle modalità di erogazione dei ser-
vizi di consulenza (Amundson,
2003). Un approccio più attivo
all’orientamento dovrebbe preve-
dere e fornire una gamma più am-
pia di opzioni operative e di stru-
menti utili per favorire processi per-
sonali di creazione di conoscenza.
Anche nelle modalità di erogazio-
ne dei servizi, (come ad esempio
l’enfasi sulla modalità di comunica-
zione verbale), l’approccio costrutti-
vista propone una gamma molto
ampia di strumenti che si propon-
gono di favorire la massima espres-
sione soggettiva, con modalità più
creative e molto libere. Possono in-
fatti essere utilizzati nell’orienta-
mento tutti quelli che Peavy chia-
mava “
cultural tools
”, ossia strumenti
culturali che stimolano la ri#essione,
il decentramento cognitivo, la per-
cezione sensoriale ed emotiva del
problema, l’analisi delle prospettive
di signi!cato e degli elementi cultu-
rali collegati ai contesti di riferimen-
to (Peavy, 1997).
Un elemento fondamentale di
questo approccio all’orientamento
è proprio il focus sull’immaginazio-