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letti ed insegnati come se doves-
simo condividerne un’origine
metafisica.
Ad essi si aggiunga il rischio di
inefficacia qualora la cultura di ri-
ferimento non sappia dialogare con
la cultura di partenza degli alunni.
Infatti, perché questo modello sia
davvero capace di agire sul pro-
cesso di crescita dovrebbe trovare
dei punti di contatto tra la cultura
dei discenti e quella dei docenti.
Altrimenti diventa impossibile
pensare ad una crescita o costru-
zione di significati e si parlerebbe,
bensì, di assimilazione di cono-
scenze tutte sbilanciate sull’og-
getto culturale, che non verrebbe
assolutamente interiorizzato. In
questo caso il modello slitta im-
percettibilmente verso quello delle
competenze di base, passando da
una centralità del processo di ap-
prendimento ad una centralità del
prodotto. È quanto accade, ad
esempio, quando non si riesce a
far leggere le opere di Leopardi ma
si fanno imparare la sua biografia
o, peggio, le opinioni dei critici
come ha efficacemente mostrato la
polemica sollevata in Francia dal
volume di Todorov
La Littérature
en péril
(Todorov. 2007).
La crisi profonda in cui si trova
questo modello didattico, legata
soprattutto alla crisi del canone
delle opere e alla caduta dei con-
fini tra alto e basso in ambito cul-
turale, è per molti il segno più evi-
dente della decadenza e della bar-
barie incipiente.
Una testa ben fatta: lo
sviluppo dei processi
cognitivi superiori
In una posizione diametralmente
opposta al modello delle compe-
tenze di base si situa il modello
centrato sullo sviluppo dei pro-
cessi cognitivi superiori, nel cui
ambito “si mira prevalentemente a
sollecitare la messa in atto dei pro-
cessi cognitivi superiori dello sco-
laro, a stimolare lo sviluppo delle
sue capacità mentali più elevate”
(Baldacci, 2004, p. 33). È la posi-
zione di chi rifiuta decisamente
ogni nozionismo e, abbandonando
ogni attenzione per l’oggetto di ap-
prendimento (la cultura, la disci-
plina), si focalizza sul processo di
apprendimento del soggetto e sul-
l’appropriazione e il controllo da
parte di ognuno sul proprio (la
metacognizione).
I vantaggi di questo modello, che
si fonda su procedure didattiche
attive e partecipative, sono evi-
denti a chi percepisca l’impor-
tanza dell’imparare ad appren-
dere, una delle competenze chiave
per la sopravvivenza nella società
della conoscenza. Soprattutto, per
riprendere una famosa espres-
sione di Edgar Morin (2000), una
“testa ben fatta” è molto più utile
di una testa piena, e l’acquisizione
di competenze di governo e di con-
trollo del proprio apprendimento,
di competenze trasversali mette in
grado gli individui di arginare
l’obsolescenza dei saperi e il cam-
biamento repentino del mercato
del lavoro.
Valorizzando la creatività, esso
tiene conto delle risorse che
tutti
i
soggetti hanno e senza le quali
non sarebbe neanche possibile, in
questo quadro, parlare di didat-
tica. Mettendo al centro i processi
di apprendimento, lascia spazio
senza preclusioni all’utilizzo dei
new media
e alla loro valorizza-
zione.
Il rischio principale consiste nell’ab-
bandono delle discipline come co-
struzioni culturali: perché questo
modello non assolutizzi l’idea stessa
di mente, ha bisogno di fare i conti
con la socialità della cultura e con i
sistemi valoriali che utilizziamo per
costruire i significati.
È molto importante sottolineare
che si tratta di un modello che va-
lorizza le competenze dell’inse-
gnante, attribuendogli un ruolo at-
tivo nella costruzione, piuttosto
che nella trasmissione, di saperi.
Naturalmente, questo rappre-
senta, anche il principale punto di
debolezza del modello stesso, che
per essere applicabile ha bisogno
di insegnanti capaci di “reperire il
materiale adatto, di organizzare
l’ambiente di lavoro, rendendolo
gratificante e idoneo alla comuni-
cazione; di stimolare il processo
della conoscenza senza mai offrire
risposte definite e incontestabili”
(Persi, 2004, p. 115), ha bisogno
cioè di professionisti dell’appren-
dimento e dell’educazione, non
solo di esperti di contenuti.
Il modello dei talenti
personali e le
intelligenze multiple
“Il fine fondamentale di questo
modello è di promuovere in ogni
persona lo sviluppo di una forma
di eccellenza cognitiva che dia
corpo alle sue peculiarità indivi-
duali” (Baldacci, 2004, p. 53).
Esso mette al centro il soggetto
che apprende per raggiungere un
determinato
risultato
(prodotto),
da individuare sulla base dei ta-
lenti e delle diverse forme di intel-
ligenza (Gardner, 1987) dello sco-
laro. Si differenzia dal modello
precedente perché non intende
sviluppare, in generale, le facoltà
mentali, ma intende concentrarsi
Orientamento e scuola
QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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