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QUADERNI DI
ORIENTAMENTO 50
del piccolo e interferire con il suo
need
for competence
.
Anche all’interno di una didattica con
i ragazzi delle scuole secondarie di se-
condo grado è possibile, nonché auspi-
cabile, sviluppare l’
apprendimento per
scoperta
, per utilizzare un’espressione
nota del pedagogista Jerome Bruner,
secondo il quale gli allievi devono essere
posti di fronte a situazioni paradossali e
spiazzanti perché siano spinti ad attivare
l’inferenza, la deduzione, l’ipotesi. Scrive
Bruner:
«La cosa migliore è che l’edu-
cazione miri ad addestrare gli uomini
a saper indovinare, a stimolare l’abilità
di andare al di là dell’informazione data
verso la ricostruzione di altri eventi»
2
.
Un universo noto attraverso un cor-
redo di informazioni nozionistiche tra-
smesse da altri non potrà mai destare
un’immagine del mondo diversa e una
weltanschauung
3
alternativa. Viceversa,
il dubbio, la perplessità, la contraddizio-
ne, sono i motori dell’indagine e della
ricerca. Dobbiamo permettere ai ragazzi
di sperimentare la contraddizione, senza
scioglierla per delle ragioni che rinviano
essenzialmente al nostro bisogno di
certezze. A volte mi è capitato di rispon-
dere, a chi mi chiedeva una spiegazione
che potesse dirimere una questione,
presentando una rosa di interpretazioni
e aggiungendo che tutte avevano pari
legittimità. In un primo momento lo
studente, abituato ad assorbire certezze,
può rimanere perplesso e forse anche
deluso, ma poi acquista familiarità con
la pluralità interpretativa e ne coglie
la ricchezza. Porto un esempio relati-
vo alle materie che insegno: filosofia e
scienze umane. Come interpretare in
antropologia il
potlach
, ovvero la ce-
rimonia in uso presso gli indiani d’A-
merica della costa nord-occidentale?
Si tratta di un rito in cui si dilapidano e
si distruggono oggetti preziosi dati in
dono: l’esatta antitesi, inconcepibile per
la cultura occidentale, della logica capi-
talista dell’accumulo. La domanda che
sorge è: per quale motivo si celebrava
il rito del
potlach
? La contraddizione di
questo rito ha affascinato gli studiosi di
antropologia, che non sono venuti a
capo del dilemma. Ciò spiega che non
sempre esiste una soluzione unica e
definitiva alle questioni rilevanti dell’e-
sistenza. Come sosteneva l’antropologo
statunitense Clifford Geertz:
«La cosa
importante è rilevare che l’etnografia si
presenta come una descrizione densa,
cioè stratificata. L’etnografo si trova di
fronte a una molteplicità di strutture
concettuali complesse, molte delle quali
sovrapposte o intrecciate tra loro, che
sono al tempo stesso strane, irregolari e
non-esplicite.»
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L’antropologia è in fondo
un’interpretazione di un’interpretazione
,
ovvero l’interpretazione da parte dello
studioso di racconti e resoconti che so-
no a loro volta interpretazioni sulla vita
degli individui sottoposti ad indagine,
all’interno di un circolo ermeneuticomai
concluso. Ecco, io credo che la didattica
per scoperta sia un circolo ermeneutico,
in cui docente e discente si mettono in
gioco senza sosta. Troppo spesso alcuni
insegnanti scadono in comportamenti
al limite dell’ipocrisia. Seguono corsi di
aggiornamento, si riempiono la bocca
con le parole del nuovo dizionario ag-
giornato della didattica, fra cui la valu-
tazione delle competenze (il famigera-
to “saper essere”), o con il frasario della
cosiddetta riforma della “Buona scuola”,
ma poi nella pratica continuano a perse-
guire un modello nozionistico e sterile,
in cui la libertà interpretativa viene an-
nichilita e, in sede di verifica, si chiede
allo studente semplicemente di essere
un mero ripetitore delle informazioni
apprese. Ritengo che la domanda da
porsi sia: quali persone possono diven-
tare i nostri studenti? Dei soggetti che
replicano una visione del mondo di altri
oppure dei soggetti in grado di pensare
autonomamente senza adeguarsi a stili
di pensiero preconfezionati? C’è una
stretta connessione tra le persone che
diventeranno e la tenuta dell’istituto
della democrazia, messo sempre più in
discussione oggi damovimenti populisti
e autoreferenziali, in America come in
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