QUADERNO 47 - page 16

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QUADERNI DI
ORIENTAMENTO 47
L’adulto viene visto come chi non
obbedisce. Sappiamo che non è vero,
ma la loro lettura è questa. “
Lui sì che è
libero
” E se voglio essere grande adul-
to, occorre che io non obbedisca, non
rispetti, non legga le gerarchie.
Da qui, una frustrazione profonda. Il
ragazzo dice ormai a otto anni, a nove,
a dodici, non più a sedici “
dovrei essere
già grande, già autonomo, ma di fatto
non lo sono, non ho soldi, di fatto non
lavoro, ho la paghetta che svanisce in
due giorni, non ho le competenze per
le battaglie della vita, ho un lessico li-
mitato, sono una nullità
”. Frustrazione
profonda alla quale si risponde di so-
lito con una geniale scoperta. Un mio
collega americano, Kenneth Lee Pike,
formulò questa bella sintesi: “
l’adole-
scente sereno ed equilibrato (non ce n’è,
è solamente un’ipotesi, una simpatica
utopia) fa le cose che ritiene utili e sane
per sé, cioè si cura, si lava, mangia bene,
non fuma le canne, non si fa le pere, fa
palestra, eccetera, anche se i genitori so-
no d’accordo
”.
Il che vuol dire che se il genitore, o,
in altri casi, l’insegnante, il vigile urba-
no, l’istituzione in generale mi richiede
qualcosa e io dico di no a quelle richie-
ste, sto disobbedendo, sono quindi
adulto. Questo è un surrogato accet-
tabile: per essere grandi, adulti, basta
essere
disobbedienti
.
Questa è l’adolescenza oggi in Occi-
dente. Certo che l’ho tremendamen-
te semplificata, ma l’arricchimento di
questo nocciolo, di questo catalizzatore
del cristallo, l’abbiamo intorno a noi,
visibile, prorompente: demotivazione,
apatia, bullismi di vario genere, aggres-
sività, passività eccessiva . Tutto questo
è attributo, arricchimento della visione,
allargamento retorico della descrizione
sintetica del disobbediente.
Allora occorre, ed è il primo ingre-
diente necessario oltre alla conoscenza
e all’informazione, che si sappia passa-
re conoscenza e informazione senza
che queste vengano in qualche mo-
do oscurate e inquinate da un’aura
autoritaria, da un’aura che comunica
la gerarchia: “
fai così perché lo dico io,
perché sono l’insegnante
”.
Occorre riuscire a far fare “le cose”
cioè senza comandarle. I modi esistono.
SECONDO ESEMPIO: “FARSI”DI
EROINA
Negli anni Ottanta, ricevo un incarico
dalla regione Lombardia, allora lavora-
vo in un carcere, al Beccaria, il carcere
minorile di Milano. L’incarico riguardava
una ricerca su come si arriva a diventare
tossicodipendenti, poiché molti ragazzi
detenuti erano tali.
E quindi intervisto una ventina di ra-
gazzi di allora, siamo sempre al tempo
della droga intesa per lo più come eroi-
na. Oggi,
mutatis mutandis,
il problema
è sempre lo stesso. Vi riporto un’intervi-
sta a rappresentarne anche altre molto
simili. Immaginatela così.
− Hai cominciato a “farti” a che età? −
− Ho cominciato a 13 anni a farmi di
eroina. −
− E come è successo? −
− È successo che il gruppo ha detto
adesso è ora che ti fai anche tu
per essere poi uguale a noi. Siamo
andati ai giardinetti, mi hanno
messo il laccio emostatico, hanno
sciolto nel cucchiaio la roba, e poi
mi hanno fatto la pera. −
− E come è andata? −
chiedo io.
− È andata malissimo, Masoni, una
cosa bruttissima, si sta male, ho
detto basta! −
− E quindi l’hai assaggiata, faceva
schifo e hai smesso… −
− No, no. L’indomani abbiamo
provato ancora. −
− Ah... E come è andata? −
− Peggio che il giorno prima! Mi
sembrava di morire, vomito,
tremori…−
− E quindi hai smesso!” −
Dico per la
seconda volta, un po’ seccato. Sei
così stupido? pensavo.
− No, non ho smesso! Ho continuato,
finché dopo alcuni giorni, sette,
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