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QUADERNI DI
ORIENTAMENTO 47
«nuove carriere» e sulla identificazione
delle loro caratteristiche e dei fattori da
considerare per comprendere le diffi-
coltà delle persone nel progettare un
loro inserimento sociale soddisfacente.
Il tema risulta di particolare rilievo so-
ciale poiché tali andamenti - se fosse-
ro confermati nel tempo e divenissero
prevalenti – potrebbero modificare in
profondità anche il modo con cui le per-
sone considerano il loro lavoro, investo-
no più o meno energie per trovare un
soddisfacente adattamento e cercano
di trovare i modi possibili per regolare
il proprio percorso di carriera divenuto
più accidentato. Non solo, ma anche
i servizi dedicati (di orientamento, di
formazione o di sostegno alle carriere)
dovrebbero modificare radicalmente il
loro
modus operandi
focalizzando me-
glio i loro interventi onde potenziare
nelle persone il tipo di risorse adatte ad
affrontare i compiti più complessi che
si stanno delineando.
In questo contesto di insicurezza eco-
nomica e di diffusa percezione di job
insecurity si parla sempre più spesso
di «
carriere senza confini
» ovvero di
tortuosi e rapidi passaggi da un lavoro
all’altro, da una organizzazione all’altra
senza avere più, da parte delle perso-
ne una traiettoria lineare e ben chiara
da seguire, come veniva offerta dalle
organizzazioni sino a poco tempo fa.
L’esistenza di tali carriere mobili e insta-
bili comporterebbe anche un passaggio
di responsabilità dall’organizzazione al-
la persona nel gestire i propri percorsi
professionali. A tale riguardo si utilizza
comunemente il concetto di «
carriera
proteiforme
» e versatile per sottoline-
are le nuove capacità che dovrebbe
possedere una persona per riuscire ad
adattarsi ai cambiamenti del lavoro e
alla variabilità di una carriera senza più
confini e sostegni organizzativi.
Spesso, però, nel dibattito sulle «nuo-
ve carriere» si dà per scontato un mo-
dello di «carriera tradizionale» ritenuto
sempre facilitante il
match
tra persona
e lavoro e la sua integrazione sociale nel
tempo, applicabile a tutti, e favorente sia
la coerenza tra
self
e realtà lavorativa sia
lo sviluppo professionale e la mobilità di
carriera. Tale raffigurazione polarizzata
positivamente si scontra con una serie
di evidenze discordanti (Biemann, Za-
cher e Feldman, 2012), relative alla dif-
fusa e forte differenziazione dei percorsi
di carriera passati e presenti in funzione
di vari fattori personali e contestuali.
Non vanno dimenticate cioè le ampie
differenze di percorso legate all’età, al
genere, al livello di istruzione, alla qualità
dei sostegni familiari, alla localizzazione
geografica, al settore pubblico o privato
di inserimento lavorativo e alla presenza
di mercati del lavoro locali più o meno
aperti. Una verifica empirica più attenta
mostrerebbe che anche nel recente pas-
sato, non erano rare le partecipazioni al
lavoro assai distanti dal modello dell’oc-
cupazione a tempo pieno, continuativa
in un dato posto di lavoro e attivamente
sostenuta da una singola organizzazione
come si vorrebbe dire contrapponendo
le «vecchie» e «nuove carriere».
Una serie di critiche alla stessa no-
zione di «carriera senza confini» sta
emergendo proprio negli ultimi anni
rilevando il forte schematismo della sua
contrapposizione con le carriere tradi-
zionali. Infatti, essa porta a enfatizzare
eccessivamente il ruolo attivo della per-
sona nello strutturare la sua carriera sin
dall’inizio della sua esperienza lavorativa,
attribuendole delle responsabilità che
possono essere assunte solo in presen-
za di specifiche risorse e competenze
personali. Inoltre, «
pur riconoscendo la
forza di stimolo riflessivo implicita nella
metafora di «carriera senza confini», le
evidenze empiriche circa la sua validità
risultano ancora assai modeste
» (Toderi
e Sarchielli, 2013, p.78).
In sostanza, i dubbi sull’eccesso di
polarizzazione tra
vecchie
e
nuove car-
riere
sono stati avanzati per rendere più
accurata l’analisi delle multiformi ed
eterogenee carriere che ancora oggi si
stanno costituendo, per evitare il rischio
di progettare interventi professionali