QUADERNO 47 - page 19

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ORIENTAMENTO
BASTA CHE LO DICA
GÖDEL
Il trattato di Copernico pubblicato nel
1543, il“
De revolutionibus orbium terra-
rum
”e la nuova conoscenza ivi mostrata,
ci mette due secoli perché diventi senso
comune. Lo diventa quando Copernico
è diventato Copernico.
Qualche anno fa, era di moda Gödel,
l’autore del teorema della indecidibilità
della matematica: ogni saggio un po’
sofisticato citava Gödel: la frase “
Come
Gödel ha dimostrato
”, era diventata il
prezzemolo dell’intellighenzia euro-
pea, ma, sono disposto a scommetter-
lo, pochissimi avevano letto il teorema
di Gödel e di quei pochissimi solo una
piccola percentuale l’aveva capito. Non
occorre essere convinti: basta che lo
dica Gödel, se è già diventato Gödel.
Si fa così con Einstein oggi; hanno
fatto così per mille anni con Aristotele.
Allora, occorre che chi parla e comu-
nica informazione e conoscenza diventi
in qualche modo ancora oggi degno
di essere pensato come un
ipse dixit
.
Abbiamo ora i tre ingredienti impor-
tanti: possiamo fare prevenzione:
1) tenendo conto che possiamo co-
municare ciò che comunichiamo
senza mostrare poteri perché da-
vanti all’aura di potere, al suo odo-
re, al suo olezzo, il ragazzo chiude
le porte;
2) comunicando al ragazzo che sap-
piamo come sta, che leggiamo il
suo mondo; non è facile;
3) avendo acquisito il ruolo di chi
parla in maniera autorevole, di chi
ormai per definizione è credibile,
cosa anch’essa non facile.
Un‘agenzia il cui compito è prevenire
occorre che sappia che occorrono que-
ste tre competenze e che le abbia o che
si metta in cammino per averle. Quando
le ha è necessario che le metta in atto e
che
contemporaneamente
le comuni-
chi, le passi (con incontri di condivisione,
di sensibilizzazione, di formazione) alla
scuola e all’insegnante.
PEER PREVENTION
Ora c’è il terzo passaggio, le presenze
competenti di una agenzia di prevenzio-
ne (o di qualunque altro genere, nella
scuola) occorre che siano provvisorie. Se
la scuola, questa scuola, la scuola dei no-
stri tempi, la scuola che ha scoperto che
i suoi insegnanti devono affiancare le
competenze disciplinari a competenze
relazionali, se una scuola così, che non
ha ancora quelle competenze, chiama
un esperto ad aiutarla risolvere i suoi
problemi e l’esperto funziona bene, ma
poi resta lì, mette radici, la figura credibi-
le e capace di relazione diventa l’esper-
to, non la scuola; e poiché la scuola è la
parte che insegna, avremmo una scuola
che insegna senza essere credibile: un
pesante colpo di zappa sui propri piedi.
Allora occorre che l’esperto o l’agenzia
“esperta”, qualunque sia il tipo di espe-
rienza che porta, stia nella scuola per
insegnare, per formare, per condividere
con gli insegnanti le sue competenze
affinché e fino a che l’istituzione diventi
capace di comunicarle e permetterle
ai ragazzi.
E poi, se ne vada.
Come fare quindi in pratica? Occorre
avere esperti con quelle tre competenze
e per l’adulto, averle, è difficile.
Allora perché non allargare il campo
delle nostre sperimentazioni?
Abbiamo già alcune esperienze. Ab-
biamo messo già a punto alcuni stru-
menti: l’apprendimento cooperativo
tratta proprio di questo. L’insegnante
appare come un facilitatore, non è più
quello che dice “si fa così”, lo fanno i ra-
gazzi; non c’è più il gruppo classe omo-
logato, ci sono differenze utilizzate in
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