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QUADERNI DI
ORIENTAMENTO 47
Una posizione teorica moderna ed
elegante dovrebbe affermare subito
che molti tentativi di prevenzione mo-
strano di avere in comune un noccio-
lo duro: ciò che è ritenuto corrivo è
“spiegato” dai nessi di causa/effetto,
il ragazzo non usa precauzioni nelle
attività sessuali a causa della sua igno-
ranza, o a causa della sua timidezza, o a
causa del suo amore per il rischio; se si
droga lo fa a causa dei cattivi rapporti
in famiglia, o nella scuola, o a causa di
un io non correttamente maturato, o
a causa dell’influenza del gruppo dei
pari, (Masoni, 1999).
Per teorie apparentemente più sofi-
sticate i comportamenti devianti hanno
luogo a causa di un gran numero di
questi fattori che interagiscono e com-
plessificano i propri effetti. Se i giovani
insomma tendono a comportarsi in
determinati modi, ciò è provocato da
un insieme di fattori causali. Ma il ten-
tativo di spiegare tutto tramite costel-
lazioni di cause ha alla base l’illusione
metodologica che esista realmente
un insieme
stabile e costante
di fattori
capaci di spiegare i comportamenti
trasgressivi e/o devianti.
UNA VECCHIA TEORIA
DELLA MOTIVAZIONE
Mi è parsa allora calzante e funziona-
le, a questo punto, una vecchia teoria
della motivazione che viene suggerita
dalla posizione etno-metodologica:
gli atti delle persone, senza distinzio-
ne fra atti devianti e atti “normali”, so-
no compiuti affinché,
dopo
, possano
acquistare un senso e un significato
socialmente condivisibile. Non sfug-
gono a questa lettura nemmeno le ri-
cerche degli scienziati sociali poiché le
loro scoperte e i loro metodi ricalcano
sempre, in modo più o meno mime-
tizzato, le conoscenze, le convinzioni
e i metodi che la gente utilizza con
il comune buon senso per fornire le
sue spiegazioni del comportamento
sociale. In tal modo gli scienziati so-
ciali lavorano affinché
dopo
la gente
accetti le loro posizioni in quanto già
note e, tutto sommato, implicitamente
accettate. Esattamente come facciamo
tutti, adolescenti compresi.
Questa scelta teorica ci ha permesso
di aggirare il limite meccanicistico del
nesso semplice di causa/effetto.
Essa consente infatti di leggere gli
atti come non più provocati da cause
“meccaniche”(situazioni sociali, econo-
miche), ma prodotti (non importa se
in modo consapevole o no) affinché
ne venga condiviso il significato, cioè
come atti comunicativi.
Abbiamo quindi scelto il punto di
vista per il quale i problemi, i disagi, i
“sintomi” delle persone sono messi a
punto per affrontare il futuro e acqui-
stare significati affinché il mondo degli
altri comprenda anche loro.
Una prima posizione assiomatica delle
attività di prevenzione:
tutti
i ragazzi
vanno incontro a rischi e quindi occorre
che si stia attenti a
tutti
i ragazzi.
Secondo assioma: andare incontro a
rischi è un “fare comunicativo intenzio-
nale”, non importa quanto consapevole.
Corollario:
si fa prevenzione mostran-
do in modo convincente che gli obiettivi
perseguibili con azioni trasgressive e de-
vianti possono essere raggiunti tramite
modi meno rischiosi e/o dispendiosi.
Ora entriamo in quella nube chiamata
in generale “prevenzione”, termine così
vasto da apparire quasi una metafora.
Se ne parla a qualcuno e chi ascolta
traduce il termine a modo suo, secon-
do la sua cultura, la sua esperienza e il
suo lavoro: se è un operaio, pensa all’el-
metto, ai guanti del ferraiolo, alle scarpe
corrazzate di chi lavora in fonderia; se è
un medico, pensa alle vaccinazioni, se
è un fanatico dell’alimentazione pensa
alle diete salutari.
Noi pensiamo ad altro: la scuola pensa
soprattutto a conoscenza e informa-
zione.