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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
ORIENTAMENTO E SCUOLA
studio, i metodi e il valore della
ricerca e i termini con cui descri-
vere il mondo, non avremmo co-
noscenze disponibili.
Semplificando, la conoscenza
non è stipata da qualche parte
nella mente dei singoli scienziati
o studenti
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. Le mie affermazioni
non possono esistere isolate, non
contano come “conoscenza” fin-
ché non siano confermate.
In effetti la conoscenza è sempre
il prodotto di un insieme di rela-
zioni, e sta nel modo di usare il
linguaggio, nel contesto in cui è
usato, e nel modo in cui gli altri
interagiscono con le nostre azio-
ni. Così per creare la conoscenza
relativa alla chimica è necessaria
una comunità di chimici che ne
condivida i termini e il loro uso
in condizioni specifiche. E così
avviene per tutte quelle cono-
scenze che generano dei campi di
studio.
Tuttora, quando si parla di edu-
cazione, è difficile che si intenda
quella conoscenza frutto di inter-
scambi comuni. Invece ciò che
chiamiamo “pensiero razionale”
è qualcosa che di per sé nasce in
un contesto relazionale. Pensare
razionalmente è pensare secondo
un set di convenzioni condivise.
Che 14 x 24 faccia 336 è razionale
solo se si accetta di seguire le
convenzioni di un sistema nume-
rico su base dieci. Lo stesso si
potrebbe dire della memoria. Ri-
cordare cosa ci è stato insegnato
non è rivelare ciò che il cervello
ha registrato ma piuttosto segui-
re una convenzione culturale ri-
guardante il tipo di memoria più
appropriato. Se un insegnante
chiedesse ad uno studente cosa si
ricorda della lezione del giorno
prima, e questi mimasse perfetta-
mente i movimenti del corpo del-
l’insegnante, verrebbe severa-
mente rimproverato. Non è que-
sto che intendiamo per “ricordar-
ci ciò che si è imparato in classe”.
PERCHÉ RIDEFINIRE
L’EDUCAZIONE
Premesso che conoscenza e ragio-
namento sono entrambi prodotti
relazionali dobbiamo confrontarci
col problema degli obiettivi dell’e-
ducazione. Se le relazioni vengono
prima di tutto, qual è allora lo sco-
po dell’ educazione? Cosa dobbia-
mo sperare di ottenere dai nostri
metodi? Innanzitutto, la consape-
volezza che l’obiettivo tradizionale
dell’educazione di migliorare la
mente individuale non è più ade-
guato. Le menti non sono dei giro-
scopi, che funzionano da soli;
senza relazione è difficile parlare
di mente. Piuttosto dobbiamo ini-
ziare a chiederci di che natura sia la
relazione della quale gli studenti
sono o saranno partecipi. Da que-
sto punto di partenza, propongo
che l’obiettivo primario dell’edu-
cazione dovrebbe essere quello di
accrescere la possibilità che i parte-
cipanti divengano membri che
contribuiscano ad un processo re-
lazionale positivo di un mondo
allargato, globale e non localistico.
L’obiettivo allora non è quello di
produrre esseri autonomi e indi-
pendenti, una sorta di esseri mito-
logici, ma quello di contribuire ad
un processo attraverso cui i parte-
cipanti possano a loro volta contri-
buire a quelle relazioni peculiari di
un mondo e una cultura desidera-
bili.
Da questa concezione derivano
parecchie linee guida:
• Ci rendiamo conto del bisogno
essenziale di attività relazionali
all’interno delle istituzioni educati-
ve. Se una persona è impegnata in
ogni momento in relazioni sempre
più complesse, allora la forma
migliore di “allenamento” deve es-
sere la relazione partecipante. Più
questa preparazione sarà vicina
alle situazioni tipiche della vita,
più sarà adeguata. Quando i meto-
di dell’educazione considerano lo
studente come un recipiente passi-
vo di conoscenze, la relazione lo
prepara alla passività. Al contrario,
una partecipazione attiva alle rela-
zioni lo conduce all’esito opposto.
In effetti, lo scopo fondamentale
dell’educazione non è riempire i
singoli studenti di contenuti ma
coinvolgerli maggiormente al pro-
cesso di partecipazione.
• Non dovremmo valutare gli
effetti dell’educazione da un solo
punto di vista. Se la vita adulta è
un complesso arazzo fatto di co-
munità, allora nessun gruppo do-
vrebbe decidere da solo la forma di
educazione né valutarne le conse-
guenze. Molte comunità conside-
rano un aspetto fondamentale la
capacità dei giovani di entrare nei
loro meccanismi: professionali, po-
litici, industriali, religiosi, educati-
vi, etc. Ma questo non dice niente
riguardo alle capacità di ognuno di
partecipare al successo nella fami-
glia, nell’amicizia e nelle relazioni
di comunità, o di essere partecipi
delle relazioni nella sfera globale.
Dove ci sono delle comunità fatte
di relazioni nel mondo adulto,
dovrebbero esserci delle voci rap-
presentative di quel mondo nelle
sedi dell’educazione.
• Un’educazione che tenti di fissa-
re una singola concezione della co-
noscenza, una singola visione del-
la verità o una visione standard del
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