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L’ESPERIENZA IN FRIULI VENEZIA GIULIA NELLA PREVENZIONE E NEL CONTRASTO
DEL BULLISMO OMOFOBICO:
CONFRONTI E PROSPETTIVE DI SVILUPPO
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IL RUOLO DELLE REGIONI NELLE
INIZIATIVE CONTRO OMOFOBIA E
TRANSFOBIA E CONTRO TUTTE LE
DISCRIMINAZIONI
Vincenzo Cucco
*M QVOUP EJ QBSUFO[B EFMMF OPTUSF SJůFTTJPOJ OPO
può che essere quello delle competenze entro
le quali le Regioni devono muoversi su que-
sta materia. Abbiamo avuto esperienze molto
TJHOJŮDBUJWF JO UBM TFOTP TJ WFEB MB TFOUFO[B
della corte costituzionale sulla legge della Re-
gione Toscana ed il dibattito che ne è seguito)
F EPCCJBNP FTTFSF SFBMJTUJ OFM EFŮOJSF J MJNJUJ JO
positivo ed in negativo, di queste possibilità che,
a dispetto di quanti criticano l’azione regionale,
ha ampi margini di movimento.
Credo che per limitarci ad una citazione sintetica
di questi limiti, che ci dovrebbe aiutare nel non
superarli, basti ricordare l’art. 117 della costitu-
zione. Lì sono elencate, ad oggi, le materie sulle
quali le regioni possono legiferare e/o intervenire.
In particolare ritengo di sottolineare la lette-
ra m) dello stesso articolo che esplicitamente
EJDF DIF ¥ EFMMP TUBUP MB EFŮOJ[JPOF EFJ MJWFMMJ
essenziali dei diritti civili e sociali che devono
essere garantiti su tutto il territorio regionale.
Questa espressione è spesso stata interpretata
in modo restrittivo, mentre invece deve essere
letta in modo estensivo: ovvero le regioni non
solo possono, ma in un certo modo devono
sperimentare nuove forme di livelli essenziali
dei diritti civili e sociali, perché il limite è chiara-
NFOUF JOEJWJEVBUP BGŮODI¦ HMJ TUFTTJ MJWFMMJ OPO
siano inferiori a quelli riconosciuti sul territorio
nazionale. Stiamo parlando, infatti, di diritti e
di doveri di persone la cui esistenza non può
esseremessa in discussione (su questo la norma
costituzionale e quella europea è chiarissima)
e che la “sperimentazione” di nuovi modelli di
intervento non solo non mette in discussione
i livelli essenziali dello stato ma deve essere
sempre considerata come inclusiva di nuovi e
maggiori ambiti di salvaguardia. Questo punto
è essenziale non soltanto dal punto di vista
giuridico ma culturale: se, infatti, non siamo
d’accordo sull’affermazione che le persone LGBT
vivano una situazione di non riconoscimento
dei propri diritti (sostanziali ma anche formali
insieme) allora tutto questo discorso cade come
un castello di carta. Ed ecco perché dobbiamo
essere molto attenti a tutte quelle campagne
(per esempi quella sulla cosiddetta “teoria del
gender”) che esplicitamente od implicitamente
tendono a negare la differenza di fronte alla
legge delle persone LGBT. Esse difatti hanno
una forte connotazione culturale che si basa
sulla valutazione morale dei comportamenti e
sulla legittimità del loro riconoscimento da parte
dello stato, sia come diritti dei singoli che come
EJSJUUJ EFMMF DPQQJF F EFJ MPSP ŮHMJ *O BMUSJ UFSNJOJ MB
questione che abbiamo di fronte è prima di tutto
culturale e si sostanzia sulla domanda, semplice
e diretta, sul se il comportamento omosessuale e
l’identità transessuale debbano godere di tutti i
diritti (e lo ricordo, dei doveri) che la costituzione
e le leggi prevedono. Per i singoli e per le loro
“formazioni sociali”. E se no perché.
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