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L’ESPERIENZA IN FRIULI VENEZIA GIULIA NELLA PREVENZIONE E NEL CONTRASTO
DEL BULLISMO OMOFOBICO:
CONFRONTI E PROSPETTIVE DI SVILUPPO
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organizzativo non di poco conto, poiché si è
trattato di coordinare più soggetti (pubblici
e privati), che per loro natura seguono iter
procedurali diversi, basti pensare ai processi
decisionali e ai tempi di lavoro che ognuno
BEPUUB -B TŮEB ¥ TUBUB RVFMMB EJ GBS DPOWFSHFSF
su un unico obiettivo azioni, modalità operative,
tempistiche e procedure che possono essere
molto differenti tra un Ente e l’altro.
Anche se per lungo tempo le collaborazioni
erano più rare e i campi d’azione separati e
distinti, le esperienze come questa sottolineano
JM GBUUP DIF MB EFŮOJ[JPOF F JM SBHHJVOHJNFOUP
di un obiettivo comune e il lavoro in sinergia,
permettono alle Amministrazioni di gestire ed
FSPHBSF BJ DJUUBEJOJ TFSWJ[J NBHHJPSNFOUF FGŮDBDJ
e alle Associazioni di diventare più incisive nel
tessuto sociale.
*OŮOF OPO TJ EFWF USBTDVSBSF JM GBUUP DIF VOğ*
-
stituzione universitaria ha concretamente at-
tuato la terza missione, grazie alle ricadute sul
UFSSJUPSJP DIF MğJOEBHJOF TDJFOUJŮDB TJDVSBNFOUF
avrà nel prossimo futuro.
D: A conclusione dell’esperienza pro-
gettuale che ha permesso di conoscere
meglio alcune delle caratteristiche del
fenomeno del bullismo omofobico nella
nostra regione, quali sono gli aspetti
che l’hanno maggiormente colpita?
R:
Innanzi tutto, per un amministratore pubblico,
disporre di informazioni sulla natura di un feno-
meno è fondamentale per poter programmare
idonei interventi. La ricerca è stata condotta in
modo rigoroso e in linea con la letteratura scien-
UJŮDB F HMJ TUVEJ JOUFSOB[JPOBMJ TVMMğBSHPNFOUP
con lo scopo di valutare con quale frequenza
emergono le tipologie di comportamento di
bullismo omofobico e di individuare le variabili
socio-psicologiche che promuovono o preven-
gono tali comportamenti. Il campione, 2.138
studenti delle scuole ed Enti professionali del
Friuli Venezia Giulia, è il più grandemai coinvolto
in Italia su questo tema e ciòmi induce a ritenere
che i dati raccolti possano essere rappresentativi
della popolazione studentesca regionale.
In generale, il bullismo non deve essere confuso
DPO J OPSNBMJ DPOůJUUJ GSB DPFUBOFJ F J SJTVMUBUJ
ottenuti dalla ricerca sono in grado di offrire
uno spaccato interessante sul fenomeno del
bullismo omofobico.
Tra i tanti spunti di riflessione e approfon-
dimento che la ricerca propone, forse il più
interessante è quello che riguarda la frequenza
nell’uso di termini denigratori nei confronti
delle persone omosessuali o ritenute tali. Il
linguaggio denigratorio riferito agli omoses-
suali è spesso parte del parlare quotidiano,
e ciò senza che vi sia da parte di chi lo usa la
consapevolezza del suo potere offensivo, ed è
quindi proprio dal linguaggio che deve partire
l’azione di informazione e prevenzione. La scuola
ha un ruolo strategico nell’educazione a un uso
consapevole e rispettoso del linguaggio ed è
necessario far ragionare i ragazzi (e forse anche
gli adulti) su come l’utilizzo di terminologie
denigratorie e dispregiative, spesso riferite pure
ad altri soggetti considerati “diversi”, si fondi
sul pregiudizio e possa far soffrire.
Infine, sicuramente il dato più confortante,
è il ruolo che i ragazzi attribuiscono ai loro
insegnanti. La percezione che i ragazzi hanno
delle reazioni degli insegnanti davanti a un
atto di bullismo è, infatti, cruciale nella riduzio-
ne della frequenza di tali comportamenti; più
gli insegnanti sono percepiti come ‘attivi’ nel
contrastare il bullismo in generale, ma anche
quello omofobico, meno frequenti risultano
tali modi di agire.
Come mette in evidenza la ricerca, è un bene
che nella nostra regione gli atti gravi di bullismo
omofobico non siano così numerosi e il fatto
che a scuola si discuta di discriminazione nei
confronti degli omosessuali e si promuova-
no occasioni di crescita personale e culturale
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