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L’ESPERIENZA IN FRIULI VENEZIA GIULIA NELLA PREVENZIONE E NEL CONTRASTO
DEL BULLISMO OMOFOBICO:
CONFRONTI E PROSPETTIVE DI SVILUPPO
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Vorrei solo citare le norme regionali che sono
state emanate in questi anni su questamateria,
per le quali la corte costituzionale è intervenuta
limitandone l’applicazione, o legittimandola,
con un lavoro anche analitico di riscrittura delle
stesse o di interpretazione autentica della
norma nazionale (che è il compito specifico
della corte):
O
Legge Toscana 15 novembre 2004, n. 63
:
Norma contro le discriminazioni sessuali;
O
Legge Puglia 10 luglio 2006, n. 19
: sistema
integrato dei servizi sociali con estensione
delle tutele ai nuclei di persone legate da
vincoli di parentela, affinità, adozione, tutela
e da altri vincoli solidaristici;
O
Legge Emilia-Romagna 22 dicembre 2009,
n. 24, art. 48
: «i diritti generati dalla legisla-
zione regionale nell’accesso ai servizi, alle
azioni e agli interventi, si applicano» anche
«alle forme di convivenza», di cui all’art. 4
del decreto del Presidente della Repubblica
30 maggio 1989, n. 223 (Applicazione del
nuovo regolamento anagrafico)
O
Legge Liguria 10 novembre 2009, n. 52
:
Norme contro le discriminazioni determinate
dall’orientamento sessuale o dall’identità
di genere;
O
Legge Sicilia 20 marzo 2015, n. 6
: Nor-
me contro la discriminazione determinata
dall’orientamento sessuale o dall’identità
di genere; istituzione del registro regionale
delle unioni civili.
Il tempo non consente un esame approfondito
delle stesse, ma credo utile che le si citi alme-
no per provare che non soltanto è possibile
intervenire su questa materia da parte delle
regioni, ma gli interventi che da esse discen-
dono (tranne che per la legge siciliana che è
ancora in via di applicazione) hanno un grande
rilievo politico, sociale ed istituzionale. Oltre
che concreto.
In realtà si può intervenire su queste materie
anche senza leggi. Non che esse non siano utili,
anzi …, ma in alcuni contesti la loro approva-
zione e discussione può essere bloccante per
interventi che possono trovare legittimazione
e sostegno da altre fonti. Per questi, oltre alla
carta costituzionale ed ai D.Lgs di applicazione
delle Direttive europee in materia di lotta alle
discriminazioni (non parliamo delle carte costi-
tuenti europee che sono molto esplicite in tal
senso) io vorrei ricordare soprattutto la norma-
tiva in materia di Fondi strutturali. Basti citare
l’art. 7 del Regolamento 1303/2013 (misure
comuni per tutti i fondi strutturali 2014-2020),
o l’art. 8 del Regolamento 1304/2013 (relativo
al FSE) che in modo esplicito, non equivocabile
e diretto indicano quale obiettivo degli stessi
fondi anche quella di rimuovere le discrimi-
nazioni basate su orientamento sessuale e
identità di genere. Certo in sede di applicazione
vi sonomolti punti interrogativi, ed anche alcune
lacune, ma ritengo che la previsione generale
della norma (che essendo un regolamento
comunitario, lo ricordo, è direttamente appli-
cabile al nostro ordinamento) rende più facile
l’intervento regionale. Certo solo negli ambiti
di intervento dei fondi strutturali, ma con una
cosa importante: l’accesso a risorse economiche
che, ricordiamolo, ad oggi è il principale freno
delle amministrazioni pubbliche nello svilup-
pare e implementare le politiche pubbliche ed
i relativi interventi.
La Regione Piemonte ha intrapreso entrambe
le strade possibili: per volontà dell’attuale As-
sessora alle Pari Opportunità e Diritti Monica
Cerutti abbiamo ripresentato un disegno di
legge contro tutte le discriminazioni perché si
ritiene, a ragione, che una base legale solida
sia necessaria per questi interventi (Disegno
di legge regionale n. 141, “Norme di attuazione
del divieto di ogni forma di discriminazione e
della parità di trattamento nelle materie di
competenza regionale”). Nel frattempo utiliz-
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