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QUADERNI DI
ORIENTAMENTO 51
deriva da un atteggiamento ricettivo
della mente che si apre e contempla,
lasciando che tutti i sensi di cui uma-
namente siamo dotati captino i loro
specifici stimoli. Solo però la sensibilità
e la delicatezza della persona, derivan-
ti dall’astensione temporanea di ogni
giudizio, riescono a sintetizzare la co-
noscenza sensibile di un oggetto che
sapremo poi definire “bello”.
Nell’intelligenza emotiva spicca quin-
di la presenza di un’immaginazione de-
licata, capace di percepire anche emo-
zioni sottili e diventa evidente che lo
sviluppo di queste attitudini trova pro-
prio nelle azioni educative il contribu-
to decisivo per contrastare l’ignoranza
emozionale. In effetti il contrario della
bellezza è proprio la rozzezza. Mutuando
le riflessioni del critico musicale Bayer,
Dallari riconosce che un fondamentale
passaggio nell’educazione alla bellezza
risiede nel guidare il giovane ad espe-
rire lo “stato di grazia”. La dimensione
estetica, infatti, è percettiva e legata ai
sensi, e talora si manifesta il fenomeno
dello “stato di grazia” inteso come rico-
noscimento di un equilibrio strutturale
in ciò che percepiamo: raggiungiamo
allora un attimo di sospensione, di con-
templazione… uno stato di armonia.
Per l’autore quindi l’azione educativa
dovrebbe moltiplicare le opportunità
di esperienza estetica poiché educare
alla bellezza affinerà la sensibilità, la de-
licatezza, la competenza emotiva, tutte
abilità pratiche che potenziano l’effica-
cia del giovane nelle transazioni sociali.
Si tratta in sostanza di finalizzare più
consapevolmente l’educazione orien-
tandola ad un “progetto esistenziale,
perché non riguarda soltanto il destino
culturale dell’educando, ma la stessa
funzione dell’insegnante e dell’educa-
tore e la qualità della loro relazione con
l’educando” (D. Goleman, 1998).
Dallari entra nel vivo del meccanismo
psichico innescato dall’esperienza della
bellezza, evocando lo stupore come
prima forma di emozione provata nel-
la nostra vita alla nascita, e la ricollega
all’idea di trauma, inteso come scon-
volgimento ed alterazione psicofisica
intensa, ricca di sensazioni ed emozioni
che turbano l’equilibrio: il superamento
di questo shock, che porta ad un senso
di appagamento e di pace contempla-
tiva è esperienza estetica.
L’autore raccomanda infine di favorire
nei giovani queste gratificanti esperien-
ze di stupore, che sole consentiranno di
impadronirsi dei vari linguaggi culturali
con i quali l’arte si esprime nella varie
epoche. In questa direzione egli riman-
da agli studi dello psichiatra Pietropol-
li Charmet, secondo cui l’educazione
all’esperienza della bellezza innesca
l’evoluzione della dinamica identita-
ria del giovane. L’esperienza estetica è
primariamente un veicolo di compren-
sione e di conoscenza che conduce alla
capacità di attribuire senso alle cose e
alle esperienze: aiuta quindi a generare
valori propri autentici.
Pur nelle vastissime differenze cultu-
rali e di contesto, l’esperienza del ”bello”
in realtà svolge sempre la medesima
funzione di conoscenza dell’universo
interiore dell’osservatore. Rappresen-
tando simbolicamente e nominando
le emozioni che il bello genera in noi,
tutti saremo in grado di meglio capire
e condividere affetti e sentimenti con
i nostri simili potenziando la capacità
empatica indispensabile a un’efficace
socialità.
La seconda parte del volume, curata
da Stefano Moriggi, pone al docente la
questione degli “approcci educativi” e
della loro efficacia nel accompagnare il
giovane verso un’autentica autonomia
di pensiero. La lettura ci consente di re-
cuperare dalle varie epoche filosofiche
alcune raccomandazioni volte a dare
il giusto peso all’educazione rispetto
alla didattica, alla conoscenza verificata
rispetto alla consuetudine passiva, al
saper correre dei rischi con la ricerca
personale, invece di accontentarsi di
comode verità preconfezionate.
Moriggi riporta la lezione di Pascal,
secondo il quale noi siamo sia intelletto
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