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ORIENTAMENTO
be mai finire, ma semmai dovrebbero
trasformarsi le modalità con cui essa
viene offerta alla persona a qualunque
età: giovane, adulta, anziana. Dovreb-
bero cambiare i tempi e i modi in cui
viene proposta e può essere frequenta-
ta, essere resa accessibile sempre, con
un’offerta dei programmi e di contenuti
adatti alla fase di vita della persona e
consoni alle sue nuove necessità.
Domande quali:
dove può avveni-
re l’insegnamento? Quali sono i ruoli
dell’insegnante o del formatore? Come
viene organizzato il processo educativo?
Quali sono gli obiettivi e come si possono
raggiungere?
non hanno una risposta
univoca. Queste nuove organizzazioni
potrebbero essere chiamate di
“insegna-
mento aperto”
, nel senso che la cornice
ed il sistema dell’educazione formale
sono stati rimpiazzati da un processo
formativo non definito, basato sulle per-
sone che prendono parte allo stesso
processo e sui loro bisogni. La mancan-
za di un “sistema”o di un metodo saldo
ed accettato può causare però molta
confusione. Ed è normale. Tutto ciò che
abbiamo appreso nel sistema formale
deve essere ora rimesso in discussione,
forse addirittura “decostruito”. Perché
dobbiamo affrontare tutti questi pro-
blemi? Perché decine di anni di espe-
rienza hanno provato che molti adulti
non sono in grado di trarre beneficio
dall’educazione formale o tradizionale,
o, per dirla in maniera diversa, perché
il sistema formale tende ad “escludere”
alcuni gruppi di adulti in quanto non
posseggono le abilità “astratte” per la-
vorare con teorie, processi formali, ecc.
Inoltre, molti adulti non sono interessa-
ti o non vogliono rivolgersi al sistema
formale: perché troppo lungo o troppo
rigido o ansiogeno per il bagaglio di
verifiche su percorsi rigidi e codificati.
Su questo la politica della Commissione
Europea è chiara: nuove opportunità
devono essere sviluppate per questi
grandi gruppi di persone.
L’Unione Europea
vuole che
TUTTI
i cittadini
abbiano accesso
e siano coinvolti
in attività di
apprendimento
continuo
Questo è ciò che il sistema non forma-
le si propone; inoltre, invece di chiedere
agli adulti di adattarsi al sistema formale,
si chiede al sistema formale di adattarsi
agli adulti.
Come creare nuove attività educati-
ve che possano attrarre e dare benefici
“all’altra metà della popolazione”? La
risposta è: con l’educazione non formale.
Ciò non significa insegnamento non-
organizzato o insegnamento privato. Al
contrario, il sistema non formale deve
essere organizzato, ma in maniera dif-
ferente da quello formale.
Nell’educazione formale lo scopo è
quello di ottenere un diploma, un cer-
tificato o un attestato che permetta di
frequentare un altro istituto formativo o
di trovare uno specifico lavoro. I processi
formativi sono organizzati sulla base di
questi chiari obiettivi. Le attività sono
spesso pianificate in maniera lineare:
da un punto ad un altro, costruendo il
percorso verso il risultato finale, l’esame
o l’attestato.
Nell’educazione non formale non ci
sono tali obiettivi, diplomi o attestati che
siano. L’educazione non formale punta
a rendere più forti i discenti, a dare loro
nuove competenze, a soddisfare i loro
interessi, a permettere loro di fare nuove
esperienze formative.
A dare alle persone
fiducia in se stessi
.
Forse queste nuove esperienze in-
coraggeranno alcuni a rientrare nel si-
stema formale, o a cercare un lavoro
migliore, o forse molti adulti godranno
dal solo apprendere in se stesso. Questo
è legittimo, come è chiaro e legittimo
che l’educazione non formale punti ad