QUADERNI DI
ORIENTAMENTO 44
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poter percepire, scoprire ciò di cui abbiamo
realmente bisogno, sono le questioni di
base da cui partire.
Su di esse si è focalizzata l’attenzione
di Naranjo attraverso due domande fon-
damentali:
Cosa è diventato obsoleto ed
è un ostacolo alla vita e cosa vorremmo
lasciare indietro? Cosa deve invece entrare
nella nostra vita?
COSA È DIVENTATO
OBSOLETO ED È
OSTACOLO ALLA VITA
E COSA VORREMMO
LASCIARE INDIETRO?
Molti sono gli elementi obsoleti o che
vorremmo di primo acchito lasciare indie-
tro. Per esempio una politica delegittimata
in cui personaggi scarsamente consapevoli
non riescono a distinguere tra le proprie
ambizioni personali o altre forme di nevrosi
e la volontà di servire il bene pubblico.
Rappresentanti eletti così lontani da sé
che difficilmente possono rappresenta-
re qualcuno fossero anche se medesimi.
Anche l’idea di Nazione è ormai obsoleta
da tempo. Il primo nazionalismo è parso
positivo come modalità di unificazione
dei popoli tuttavia, la Nazione di per sé è
un noi che si distingue rispetto ad un essi.
Una sorta di trascendenza pratica come
l’ha definita Nolte
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o meglio una forma di
amore di parte venuto meno con la presa
di potere del mercato globale. E così è stato
anche per l’ultima delle“grandi narrazioni”
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,
l’idea di progresso legato ad una forma
economica centrata sullo sfruttamento
del pianeta.
Ci si è resi conto, nella post modernità
iniziata attorno agli anni ‘60, proprio con
la questione ecologica, che non tutto ciò
che possiamo fare è bene farlo in quanto
il rischio è di distruggere noi stessi. La fine
dell’idea di progresso ha generato un ulte-
riore vuoto di senso, molto profondo ed un
contemporaneo bisogno di trovarne uno
nuovo. Mircea Eliade
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diceva che si sente
il bisogno di Dio proprio quando Dio pare
ritirarsi nella grotta, forse è un po’ quello
che sta accadendo. Tuttavia per trovare il
bandolo della matassa, l’origine del disagio
e della crisi attuale, è necessario andare più
in profondità.
Se si considera la società attuale come
specchio di una situazione interna all’indi-
viduo, si scopre come da tempo sussista
una condizione di dominio in cui una parte
(l’ego) prevale sul tutto (il Sé). Viviamo in
una dittatura interiore che si è accentuata
inmodo estremo nella modernità anche se
al contempo si iniziano a cogliere i segni
della sua messa in discussione.
Sono piccoli segni che illuminano il buio,
voci ancora troppo sottili che hanno a che
vedere con la questione ecologica, il bi-
sogno emergente di autenticità dell’indi-
viduo, la richiesta di risposte di senso, e di
sacro, il ritorno ad apprezzare i valori del
femminile come la solidarietà, l’accoglien-
za, il senso di comunità.
Nonostante questi timidi segnali di spe-
ranza che caratterizzano il post moderno,
attualmente siamo ancora come chi, pur
possedendo una casa con molte stanze, ne
abita solo una perdendo gran parte delle
reali potenzialità.
Si può pensare, afferma Naranjo, che tale
situazione presente sia sorta da un dolore
antico, una forma di trauma. In particolare,
come nella vita individuale, al fine di supe-
rare un comportamento disfunzionale che
crea disagio, è necessario risalire al trauma
originale, così avviene anche nel sociale.
In genere il trauma non è per forza un
incidente, più spesso è una situazione da
cui ci siamo difesi adottando un falso io e
tradendo il nostro vero essere. In manie-
ra simile, un trauma storico molto antico,
originario, ovvero una minaccia legata ad
un passato remoto, di fame, freddo, rischio
di sopravvivenza, ci insegnò ad uccidere
i nostri simili innestando, come una ma-
ledizione, una struttura sociale di potere
centrato sul dominio.
In particolare, nella sua analisi, Naranjo
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identifica tre fasi storiche: una fase primaria
pre-sedentaria, pre-neolitica caratteriz-
zata dalla condizione istintiva, animale e
da una anarchia competitiva; una fase a
condizione “matristica” che ha inizio nel
Neolitico con il passaggio dalla vita no-