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QUADERNI DI
ORIENTAMENTO 44
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Figura 4: Andamento dei
principali indicatori per la classe
d’età 15-24 anni in Friuli Venezia
Giulia (Dati in migliaia fonte:
Istat)
dai disoccupati: dal 2007 al 2012 i NEET
passano da 7.650 unità a 17.400. Quasi
10.000 unità in più. Si tratta di un valore
che corrisponde tendenzialmente ai posti
di lavoro destinati ai giovani “bruciati” nel
medesimo arco di tempo.
Come si è visto nel paragrafo preceden-
te, l’aggregato dei NEET comprende, da
un lato, i disoccupati e, dall’altro, quelli che
si trovano in una condizione di inattività
e, nel contempo, non stanno neppure
studiando. Questi ultimi sono giovani che
potremmo definire in
stand-by
(o del tut-
to inattivi). È questa la componente dei
NEET che cresce di più. Precisamente, su
una crescita totale di 9700 unità, un terzo
circa è imputabile all’aumento dei disoc-
cupati e due terzi a quello dei soggetti
del tutto inattivi.
Questa evidenza empirica dovrebbe
indurre non poca preoccupazione. Essa,
infatti, è l’effetto sommatoria di diverse
dinamiche piuttosto negative. Per quan-
to riguarda i giovani in transizione verso
il mercato del lavoro, agisce il fenomeno
dello scoraggiamento che induce molti
a smettere di cercare un lavoro e ad as-
sumere atteggiamenti di attesa, se non
di fatalismo e rassegnazione. Per quanto
riguarda i giovani che gravitano ancora
nel mondo dell’istruzione, l’aumento dei
giovani in
stand-by
può dipendere dall’u-
scita precoce dai percorsi di istruzione se-
condaria e terziaria, nonché dal mancato
accesso ai percorsi di studio universitari
o ai percorsi di formazione professionale.
Come si è avuto modo di evidenziare in
altre occasioni (Blasutig 2012, 2013) per la
prima volta, dal dopoguerra in poi, la co-
stante crescita del numero di diplomati (in
rapporto ai diciannovenni) ha cominciato,
da qualche anno, a segnare un’inversione
di tendenza. Lo stesso andamento si sta
verificando, in maniera ancora più eviden-
te, per quanto riguarda immatricolati e
laureati nel sistema universitario.
Alla luce di queste evidenze empiriche,
si può ipotizzare che la scarsa apertura del
mercato del lavoro verso i giovani, anche
quando possiedono un buon livello di
istruzione, stia inducendo nella società
una credenza negativa sulla “redditività”
dell’investimento formativo. Una credenza
che stimola inevitabilmente delle scelte
al ribasso per quanto riguarda: a) il pro-
seguire o meno gli studi, b) il tipo di per-
corso di studio più o meno impegnativo
da intraprendere c) il grado di impegno,
dedizione e qualità da spendere nelle at-
tività di studio.
Come avvertono Reyneri e Pintaldi
(2013, 106) ciò rischia di innescare dei
circoli viziosi molto pericolosi, tra minori
investimenti nello studio da parte dei gio-
vani, minore qualità delle risorse umane
che si immettono nel sistema produttivo
e minori rendimenti occupazionali dell’i-
struzione. Una tendenza che produrrebbe
effetti nefasti sia a livello individuale, sia
per la società nel suo complesso.
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