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QUADERNI DI
ORIENTAMENTO 43
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L’attuale modello di pianificazione
strategica è il risultato di un’evoluzione
degli strumenti urbanistici, che prende
avvio negli anni ’60 con i piani“di struttura”
volti a definire le scelte fondamentali
(reti infrastrutturali, localizzazione
delle funzioni di valenza generale,
tutela delle aree di pregio) in funzione
dell’efficienza e della qualità territoriale
e frutto dell’elaborazione di una élite
tecnica-politica. Negli anni ’80, anche
per l’influenza della pianificazione in
ambito aziendale, assume più importanza
l’analisi del contesto sulla quale si basa la
razionalità dell’intervento nella logica del
project management
(nella visione sinottica
problemi
Ò
obiettivi
Ò
strategie, ma con
minor rigidità rispetto al settore privato) e
cresce anche l’attenzione per l’azione dei
diversi attori nel plasmare la città (da cui
l’avvio di partenariati pubblico-privato).
Dagli anni ’90 si impongono come temi
centrali la gestione dell’informazione,
la creazione della conoscenza e la
sostenibilità ambientale attorno ai
quali costruire una visione condivisa di
futuro e definire le reti di cooperazione
necessarie a raggiungerla, coinvolgendo
gli operatori istituzionali pubblici e privati,
locali e globali, ma anche in forma diretta
i cittadini. Assumendo la parzialità della
base informativa e la pluralità dei modelli
interpretativi, il disegno pianificatorio
fonda la sua razionalità sul metodo
processuale, dialogico ed inclusivo, e
i contenuti operativi privilegiano gli
strumenti incentivanti e negoziali rispetto
a quelli regolativi.
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A livello nazionale, dal 2004 è attiva
ReCS, l’associazione nazionale di Comuni e
Province che adottano la programmazione
strategica come strumento di governo del
territorio (
/). Attualmente
vi aderiscono trenta città e diversi altri
enti che hanno attivato processi per
sostenere lo sviluppo locale, mettendo
in relazione attori, interessi, politiche e
risorse. In sintonia con gli orientamenti
comunitari, l’attenzione è attualmente
rivolta alle
smart city
, cioè a costruire
città più sostenibili, più inclusive e più
intelligenti.
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In realtà si è interrotto il processo di
programmazione pluriennale coordinata
dalla Regione su tutto il territorio,
ma gli Ambiti hanno continuato a
lavorare con questa ottica sugli obiettivi
definiti. La maggioranza dei tavoli di
lavoro attivati nel 2006 non hanno
mai smesso di funzionare.
6
È nell’esperienza di molti che spesso
la partecipazione si trasforma in una
rappresentazione o in una serie di
eventi poco produttivi, sia perché
non realizzati per le finalità indicate
(ad esempio, perché le decisioni sono
già state prese), sia perché i risultati
s arebbe stati ottenuti con maggior
efficienza con altri mezzi, sia perché
il processo viene condotto in forma
inadeguata.
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I n mo l t i a s p e t t i i l p a r a d i gma
de l l a
governance
r i ch i ama que l l o
dell’”amministrazione imprenditoriale”
di Gaebler e Osborne (1995) declinato
in dieci principi: 1) indirizzare invece di
fare; 2) responsabilizzare la comunità
invece di ser virla; 3) immettere la
concorrenza nella fornitura di servizi;
4 ) f a r gu i da re l e ammi n i s t r az i on i
dalla missione e non dalle regole; 5)
finanziare i risultati e non gli input;
6) andare incontro alle esigenze del
c l i en t e ; 7 ) guadagna r e i nvece d i
spendere; 8) prevenire è meglio di
curare; 9) decentrare; 10) intervenire
utilizzando il mercato.
8
Il Libro bianco della Commissione
europea sulla
governance
(COM(2001)
428) individua cinque principi alla
base della buona governance ad ogni
livello, da quello globale a quello locale:
apertura, partecipazione, responsabilità,
efficacia e coerenza.
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In particolare, l’impostazione del
quadro di obiettivi comuni. Un altro
fattore di ostacolo è stato individuato
nella logica interna con una relazione
non sempre appropriata per coerenza
e fattibilità tra obiettivi, risultati attesi
e relativi indicatori.
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