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QUADERNI DI
ORIENTAMENTO 43
IL NOSTRO MODELLO DI
RIFERIMENTO
La teoria di riferimento di tutta la nostra
attività è la visione sociocostruttivista per
cui la conoscenza è un prodotto costrui-
to dal soggetto e dalla comunità in cui il
soggetto è inserito, ha un carattere situato
e cioè ancorato al contesto concreto, e si
svolge attraverso particolari forme di col-
laborazione e negoziazione sociale. L’en-
fasi viene posta sul gruppo, sulla collabo-
razione e sull’apprendimento reciproco
realizzati attraverso comunità di appren-
dimento in cui ogni membro del gruppo
può diventare un esperto in un particolare
settore della conoscenza e dare il proprio
contributo alla co-costruzione di significato
e di conoscenza. Il ruolo dell’insegnante /
educatore è quello di garantire un’impalca-
tura e cioè un setting adeguato affinché i
bambini e i ragazzi possano collaborare alla
creazione di conoscenza (Boscolo, 1997).
In quest’ottica fondamentale è l’ascolto.
Dalle nostre esperienze abbiamo im-
parato che i ragazzi, ma anche i bambini,
hanno cose importanti da dire e che se noi
adulti li ascoltiamo i significati e le cono-
scenze reciproche (quelle loro e le nostre)
si accrescono, così come le competenze
e le strategie comportamentali (Stefanelli,
Quarisa, in stampa).
Ascoltare è la prima azione di tutte le
nostre attività. Ascoltare è parte della par-
tecipazione, forse la più preziosa perché
permette di conoscere i punti di vista e le
conoscenze dei nostri interlocutori e ad
ancorare a questi nuove elaborazioni ed
evoluzioni del pensiero (Bruner, 1997) (AA.
VV., 2007).
L’ascolto inoltre rappresenta già uno dei
segnali del linguaggio di accettazione, ma
bisogna tenere presente che percepire ac-
cettazione o farla percepire sono due cose
diverse (Gordon, 1991). I ragazzi infatti spes-
so hanno la percezione di non essere ascol-
tati. A scuola per esempio può succedere
che si chieda loro di essere attivi ma poi li si
ascolti solo se si“allineano”a quanto è stato
detto in classe, e in questi casi noi adulti
perdiamo una grossa occasione di vedere
il mondo da un altro punto di vista, il loro.
Infine un’ultima riflessione sottostante
a tutte le attività di EDUMECOM è la diffe-
renza tra il concetto di “pericolo” e quello
di “rischio”. Un pericolo è un evento, una
cosa o una persona che può costituire una
minaccia, un rischio invece è la possibilità
che si verifichi un fatto negativo, un danno,
che qualcosa non abbia l’esito voluto. In altre
parole, vivere un pericolo vuol dire essere in-
consapevoli di ciò che può accadere, vivere
un rischio significa avere la consapevolezza
di ciò che può accadere (De Smedt, 2004).
Quando non conosco uno strumento lo
considero pericoloso, quando lo conosco
sono consapevole dei rischi che il suo uso
comporta. In altre parole, conoscere vuol
dire passare dall’inconsapevolezza alla con-
sapevolezza; quindi, poiché un rischio è la
possibilità che si verifichi un fatto negativo,
per ciascun rischio identificato posso trovare
una strategia compensativa che riduca la
probabilità che esso accada. Questa dif-
ferenza è alla base di tutte le attività che
realizziamo con adulti, bambini e ragazzi.
I NOSTRI MUTAMENTI
DI PROSPETTIVA NEL
TEMPO
Dal 1990 si sono verificati quattro im-
portanti mutamenti di prospettiva nelle
nostre attività per la tutela dei bambini
nel mondo dei media.
l
Il primo passaggio epocale, dopo l’accom-
pagnamento e il sostegno alle riflessioni
dei giornalisti, è stato quello di pensare alle
azioni concrete che la Provincia, in quanto
ente locale che ha il ruolo istituzionale di
curare e promuovere lo sviluppo della co-
munità provinciale, potesse realizzare su
queste tematiche per la cittadinanza.
l
Il secondo passaggio epocale è consistito
nel non chiedere più solo agli esperti o agli
adulti cosa si potesse fare per la tutela dei
minori, ma di dare la parola ai diretti inte-
ressati (bambini e ragazzi) sucome vogliono
essere tutelati. Quindi non li abbiamo più
considerati oggetti di tutela ma soggetti
autotutelanti.
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