ORIENTAMENTO E SCUOLA
In particolare, un primo punto ri-
guarda il come poter integrare gli
aspetti generali dei processi orien-
tativi, comuni a tutte le persone in
una determinata fase di vita, con
quelli specifici derivanti da situazio-
ni contingenti proprie delle storie
individuali; infatti, mentre gli aspet-
ti comuni e collettivi dell’azione
orientativa si spostano sempre di
più verso una dimensione preventi-
va ed educativa, nelle altre funzioni
cresce l’esigenza di personalizzare
e qualificare al massimo interven-
ti e prestazioni per quote sempre
più consistenti di utenti. Collega-
to a questo punto, forse sua logica
soluzione, è la necessità di organiz-
zare un sistema per l’orientamento
LLG (Life Long Guidance), diffuso e
aperto a tutti, che sappia garantire
contestualmente qualità, differen-
ziazione e personalizzazione.
Uno degli aspetti più contrad-
dittori da ricomporre riguarda poi
la necessità per famiglie, giovani
e adulti di pianificare con tempi
medio-lunghi i contenuti e le dira-
mazioni specialistiche degli studi e
degli sviluppi di carriera, mentre al
contrario le particolari condizioni di
turbolenza dei contesti socio-eco-
nomici rendono quasi del tutto non
prevedibili gli eventi e le condizioni,
che determineranno le reali oppor-
tunità e direzione di vita e di lavoro
per ciascuno.
Un’ulteriore sfida all’azione orien-
tativa deriva dal dover individuare
forme e modi per affrontare la diver-
sità che, qualora riguardi le differen-
ze etniche culturali e valoriali, va tu-
telata mentre nei casi in cui produca
differenze di opportunità va contra-
stata. Nel primo caso sono situazio-
ni che derivano prioritariamente dai
flussi migratori, che portano le con-
dizioni di una società multi etnica in
aree geografiche sempre più nume-
rose, nel secondo invece sono diffe-
renze che colpiscono persone, che
si trovano in situazioni di margina-
lità e debolezza nell’inserimento nei
sistemi formativi e occupazionali. È
l’orientamento nel suo complesso
capace di produrre maggiore equi-
tà sociale aumentando, in virtù del
proprio intervento, le
chances
a fa-
vore di chi ne ha meno in partenza?
Oppure, l’azione orientativa si limita
semplicemente a replicare o a raf-
forzare le possibilità già accessibili
alle persone, anche senza di essa?
In effetti, le opportunità non sono
equamente distribuite, né a livello
geografico, né sociale, né indivi-
duale ma appaiono essere sempre
di più appannaggio di categorie
definite di cittadini (i cosiddetti
“centrali”, Guichard, 2010) talvol-
ta a discapito dei molti a cui resta
solo l’instabilità o il rischio di mar-
ginalità, quali elementi costanti.
Gli interventi orientativi di natura
pubblica devono perciò affronta-
re con chiarezza queste situazioni,
per non diventare a loro volta parte
attiva di un meccanismo perverso
funzionale a sostenere solo l’adatta-
mento alle condizioni di esclusione.
Un fattore chiave, per contrastare il
fenomeno portando innovazione e
valore aggiunto, potrebbe trovarsi
nell’incrementare l’esperienzialità,
pur integrata con le attività più tra-
dizionali, in tutti i percorsi orientati-
vi di giovani e adulti.
Da ultimo, non va sottovalutato il
fattore organizzativo dei servizi che
diventa un elemento essenziale per
raccordare le esigenze della qualità
con quelle della quantità, proprie di
un intervento pubblico, e per imple-
mentare un solido“sistema di servizi
per l’orientamento continuo” diffu-
so e differenziato come serve oggi
per rispondere efficacemente alla
domanda sociale di orientamento.
Su questo aspetto almeno quattro
sono le linee di lavoro su cui i sevizi
sono chiamati ad impegnarsi atti-
vamente: l’integrazione dei servizi
in reti territoriali, l’adozione di stan-
dard unitari per le varie prestazioni,
la definizione e la tutela della com-
petenza e della professionalità degli
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