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a sortire dalle trappole di quel mo-
dello restando al suo interno. Il mo-
dello “comunicazione” ha reso pos-
sibile e ha fatto sembrare esistente
qualche cosa che chiamiamo comu-
nicazione. Una attività descrittiva ha
cambiato forma e ha raggiunto scopi
esplicativi. È un vecchio errore. Ab-
biamo deciso di chiamare comunica-
zione una certa specie di relazione
fra enti, abbiamo approfondito la
definizione di comunicazione. Poi
abbiamo dimenticato di aver lavora-
to su una definizione e questa è di-
venuta realtà. Proviamo quindi a ri-
cordarci che eravamo solo di fronte a
una convenzione. È lecito, se si è
d’accordo, cambiare le convenzioni.
Che cosa accadrebbe se non parlas-
simo più di comunicazione? Se fa-
cessimo coincidere l’emissione con
la ricezione? Per esempio: il coro
comunica autoascoltandosi: la parte
dell’ascolto è intrinseca alla parte
emittente.
Comunicare significa ascoltarsi.
Diamo un altro nome al comunica-
re ascoltandosi. Può andar bene
“pensare”? Non scelgo questa paro-
la a caso. Il pensare è naturalmente
immaginabile come comunicazione
interiore: anche dentro di noi pos-
siamo immaginare un emittente e
un ricevente, a volte questo è utile,
ma per lo più si ricorre al concetto
unitario del pensare, a qualcosa che
mette insieme i nostri ricevitori ed
emittenti interni. Si può quindi
compiere questa unione, quando
parliamo di pensiero lo facciamo da
qualche migliaio di anni.
PENSARE
IL ‘PENSARE’
Certo il pensare può essere disag-
gregato ancora in emissione e ri-
cezione, ma a che pro? L’unica ra-
gione che rende utile tale disag-
gregazione è che in tal modo è fa-
cile pensare a noi come formati
da varie parti che dialogano tra
loro (per esempio nelle psicotera-
pie).
Ma se il modello della divisione in
parti non ci serve, allora possiamo
tranquillamente pensare il ‘pensa-
re’, cosa che gli esseri umani hanno
fatto per millenni.
Certo, col coro la cosa ci appare un
po’ più difficile. Non appena si esce
da noi, dalla buccia della nostra cor-
poreità, e si pensa a più individui
sembra quasi necessario ricorrere
all’idea di emittente e ricevente.
Eppure a volte si riesce ad evitarlo,
anche a sproposito, si pensi agli ste-
reotipi: i
Francesi pensano che…
,
Gli
insegnanti ritengono che …
,
Gli adole-
scenti sono…
Sappiamo che si invita spesso a non
INSEGNARE E APPRENDERE NEGOZIANDO
6
QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
24
Carlo Bevilacqua,
Vecchio fabbro,
1955.
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