COPERTINA_X_PDF - page 4

4
QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
24
INSEGNARE
E APPRENDERE NEGOZIANDO
GLI STUDENTI HANNO DIRITTO
A SCEGLIERE DI SAPERE, NON A OBBEDIRE
Marco Vinicio Masoni
PREMESSA
Insegnare e apprendere negoziando
significa insegnare e apprendere
senza che ciò sia dovuto a situazio-
ni gerarchiche, senza cioè che sia
raffigurabile il fatto che si stiano
dando ordini o si stia loro obbeden-
do. Si tratta di una condizione non
usuale, direi rara, nella scuola occi-
dentale (e ancor più, credo nelle
scuole di altre culture). Perché allo-
ra nasce il bisogno di capire come
ciò sia possibile, anzi, doveroso?
Occorre che prima si cerchi di inda-
gare, anche se rapidamente, su
quella misteriosa ovvietà che si
chiama comunicazione, dato che
l’apprendere e l’insegnare sono si-
tuazioni tutte interne al processo
comunicativo. Una brevissima sto-
ria dell’idea di comunicazione ci
permetterà di partire per le nostre
riflessioni con qualche base condi-
visa. Il punto di arrivo della ricerca
sulla comunicazione ci permette in-
fatti di vedere meglio, da vicino,
che cosa stia accadendo a quell’in-
segnare e apprendere entrati oggi in
crisi, dopo aver sorretto per quasi
due secoli il mondo della scuola.
Prima metà del Novecento: piena
epoca comportamentista, brulichio
di topi nei labirinti dei laboratori di
psicologia, si studiava il fenomeno
formato dal dipolo “stimolo-rispo-
sta”. La comunicazione era equipa-
rata ad una sorta di strano
bolo
che
volando nell’etere raggiungeva il ri-
cevente, lo colpiva e, esattamente
come uno stimolo, provocava la ri-
sposta. Di solito chi ripercorre que-
sta storia finisce col dire che la ri-
cerca ha poi smentito tali ipotesi.
Dimentica di dire che è stata pro-
prio la ricerca ad alimentarla per
molti anni. Dimentica cioè di dire
che la ricerca non precede la cono-
scenza, ma la corrobora con difese
retoriche. Si ha la svolta quando ciò
che è ritenuto una prova cessa di
avere tale dignità. Fino a quando gli
uomini erano equiparati ai topi, le
vecchie prove condotte nei labirinti
degli psicologi apparivano estrema-
mente convincenti.
Metà del secolo: Lasswell critica la
teoria precedente: l’unità comuni-
cativa c’è sempre, vola sempre nel-
l’aere, ma poi non si ha un semplice
rapporto meccanico di stimolo-ri-
sposta, il
bolo
è interpretato e i suoi
effetti dipendono dalle intenzioni e
dalle disposizioni di chi invia o ri-
ceve la comunicazione. È la prima
crisi di questo modello. I topi si
stanno umanizzando.
Anni più recenti. Il
bolo
viene fran-
tumanto. Che voli dall’emittente al
ricevente in modo semplice e linea-
re è solo un’impressione, come è
un’impressione l’immagine che ve-
diamo sullo schermo del televisore.
In reltà quell’immagine è formata
da un punto che percorre a velocità
vertiginosa l’intero schermo e che
grazie alla lentezza delle nostre rea-
zioni neurali ci sfugge e ci lascia il
suo ricordo, la singola immagine.
Così la comunicazione è composta
da un numero enorme di palleggi
minuti, di un frenetico ping pong
fra emittente e ricevente. È la teoria
del feedback.
La teoria propone una nuova sim-
metria tra emittente e ricevente: tut-
ti e due sono in realtà emittenti, tut-
ti e due riceventi.
Sollievo per i topi, liberi ora di man-
giare il loro cibo nelle gabbiette, sen-
za subire scosse elettriche.
Ma un piccolo mistero rimane. Di
che cosa sono fatti quegli spezzoni
di comunicazione che ci permetto-
no l’effetto feedback? Esistono “ato-
mi” della comunicazione? ’
Comuni-
chemi
’ indivisibili? Se non ci sono,
allora che cosa va da una parte e
dall’altra? Che cosa scorre fra emit-
tente e ricevente? E se invece ci so-
no, non ricadiamo pari pari nella
vecchia asimmetria? A turno si è
emittenti o riceventi, e quando sia-
mo l’uno o l’altro il nostro rapporto
resta asimmetrico. Proprio ciò che si
voleva evitare.
Non c’era speranza. Si doveva pro-
prio abbandonare il modello dell’u-
nità comunicativa. È quello che ha
fatto la prospettiva dialogica. La co-
municazione cambia forma, diven-
ta una terza realtà, già esistente per
certi versi. È per esempio il “testo”
di Eco, ma potremmo andare nella
Russia della prima parte del Nove-
cento, risvegliare Lotman, e trovare,
anche lì, il “testo”.
IL MODELLO
DIALOGICO
Il modello dialogico ci costringe
però a una fastidiosa fatica: non è
facilmente pensabile. Ci sono altri
l processo evolutivo
culturale in atto ha reso
i tradizionali sistemi
docente/discente in gran
parte disfunzionali
a dare un senso
alla nostra vita.
I sistemi non riescono ad
autoalimentarsi perché
i ragazzi e addirittura i
bambini non riconoscono
come naturale il ruolo
gerarchico superiore del
docente
I
1,2,3 5,6,7,8,9,10,11,12,13,14,...81
Powered by FlippingBook