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QUADERNI DI
ORIENTAMENTO 43
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Il conferimento di mandato spesso è
determinato proprio dall’insolubilità del
problema oggettivamente inteso (cambia-
mento degli assetti di struttura): si invoca
l’intervento dello psicologo perché non si
vuole o si ritiene di non poter modificare
le condizioni oggettive, oppure perché si
ritiene più vantaggioso agire a livello di
sovrastruttura. Il vizio di origine ha ragioni
lontane e risiede nelle fasi d’esordio della
psicologia applicata al lavoro, o meglio
all’industria, come si diceva all’epoca.
IL BENESSERE
ORGANIZZATIVO
La psicologia industriale era già un’evo-
luzione della psicotecnica, cioè di quell’in-
tervento che curava la ricerca (selezione)
dell’uomo adatto al posto adatto
(the right
man to the right place)
. La cornice è quella
elaborata da F. W. Taylor, padre dello
Scien-
tific Management
, il braccio operativo in
questa cornice è quello di Hugo Munster-
berg, padre della psicotecnica e strenuo
sostenitore dell’efficacia palingenetica
dell’applicazione delle sue tecniche per
l’intera società.
La psicologia avrebbe potuto fare al-
tro, cioè verificare se il posto era adatto
all’uomo, prospettiva che in parte verrà
accolta dall’ergonomia, che convenzional-
mente nasce nel 1949quando Murrell in
una conferenza a Oxford utilizza il termi-
ne ergonomics per definire il gruppo di
lavoro che operava secondo il motto
to
fit the job to worker
, cioè
adattare il lavoro
al lavoratore
.
All’ergonomia oggi dobbiamo ricono-
scere il merito di aver riportato l’uomo
al centro dell’organizzazione del lavoro
umanamente intesa, cioè come processo
organico, non meccanico come invece
era stato ridotto dalla logica che ispirava
il taylorismo.
Parlare di uomo al centro del sistema
significa operare per il suo benessere,
cioè prevedere che le variabili di sistema
convergano sinergicamente a conferire il
massimo sviluppo delle sue potenzialità.
È a partire dagli anni ‘80 che il concetto
di “benessere organizzativo” assume una
rilevanza tale da soppiantare la prospetti-
va di mero contenimento del malessere. Il
disagio non è più considerato inevitabile;
è assunta invece la costruzione di benes-
sere come obiettivo dell’organizzazione,
che trova definizione nella carta di Ot-
tawa (1986): “Per raggiungere uno stato
di completo benessere fisico, mentale e
sociale, un individuo o un gruppo deve
essere capace di identificare e realizzare le
proprie aspirazioni, di soddisfare i propri
bisogni, di cambiare l’ambiente circostan-
te o di farvi fronte”.
È questo il fondamento di un nuovo
modo di intendere la vita lavorativa, è il
superamento di una concezione di
occu-
pational wellness
, come
health protection;
la nuova sfida è essere proattivi, persegui-
re una via che porti alla
health prevention,
in cui le persone sono soggetti attivi della
loro vita nelle organizzazioni. Di conse-
guenza anche la salute organizzativa non
si misura solo con indicatori di assenza di
malessere, ma diventano rilevanti dimen-
sioni quali la chiarezza degli obiettivi, la
scorrevolezza operativa, l’equità organiz-
zativa, l’apertura all’innovazione, la valo-
rizzazione delle competenze, le relazioni
interpersonali collaborative, il comfort
dell’ambiente di lavoro, la gestione della
conflittualità, la sicurezza, l’ascolto attivo,
il senso di utilità sociale, la tollerabilità dei
compiti, la disponibilità delle informazioni
(Avallone e Paplomatas, 2005)
L’INTERVENTO DELLO
PSICOLOGO DEL
LAVORO
Una variabile importante nella determi-
nazione del benessere è la soggettività,
della quale gli psicologi sono maestri. Ri-
conoscere lo spazio della propria e dell’al-
trui soggettività, condurre le persone a
consapevolezza delle discrasie tra l’auto
e l’etero percezione nella vita esterna e
interna all’organizzazione di appartenen-
za, co-costruire un livello adeguato di
self
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