modesta variazione etnica nella dif-
fusione del bullismo tra adolescenti
bianchi, neri ed ispanici: in partico-
lare, la scarsa comunicazione in fa-
miglia ed in classe e l’isolamento
sociale sono fattori collegati ad un
maggior rischio di bullismo in tutti
i gruppi etnici esaminati; gli adole-
scenti neri riportano una prevalen-
za più bassa di vittimizzazione ri-
spetto a quelli bianchi ed ispanici;
vivere con entrambi i genitori biolo-
gici costituisce un fattore protettivo
rispetto al coinvolgimento nel bulli-
smo solo per gli studenti bianchi.
Un’ipotesi che attualmente ha atti-
rato l’interesse dei ricercatori è
quella secondo cui il bullismo sa-
rebbe connesso a deficit di natura
sociocognitiva, come nel caso di
molte condotte aggressive; le ricer-
che ascrivono ai bulli un’elevata
capacità di pianificazione dell’a-
zione aggressiva, di manipolazio-
ne delle situazioni per proprio
vantaggio personale, come pure
l’abilità di tenere conto degli stati
mentali dell’altro.
Il modello socio-cognitivo del-
l’elaborazione delle informazioni
(Crick e Dodge, 1994; Lochman et
al., 2000) è stato molto utilizzato
per la comprensione ed il tratta-
mento dei problemi di aggressività
e di condotta in età evolutiva; esso
si focalizza sulla sequenza di abi-
lità e di operazioni necessarie per
gestire varie situazioni interperso-
nali e analizza le difficoltà incon-
trate dai bambini nelle diverse fasi
di questi processi (percezione, va-
lutazione, attivazione neurovegeta-
tiva, problem-solving interpersona-
le). I bambini aggressivi, infatti,
giudicano in modo distorto gli sti-
moli attivanti la rabbia, hanno diffi-
coltà nel selezionare una strategia
per risolvere i potenziali conflitti,
nell’implementarla e nel valutarne
l’efficacia. Le ricerche in proposito
(Fonzi, 1997; Buccoliero, Maggi,
2005), inducono tuttavia a non ge-
neralizzare alla categoria dei bulli i
risultati ottenuti sui bambini ag-
gressivi e, soprattutto, a non attri-
buire ai bulli l’aggressività di natu-
ra impulsiva, caratterizzata dalla
compromissione delle funzioni co-
gnitive e dall’alterazione delle fun-
zioni eccitatorie.
Sebbene costituisca oggetto di ap-
profondimento, l’ipotesi del deficit
sociocognitivo si applica con mag-
gior successo alle vittime, che di fat-
to risultano meno capaci di affron-
tare la realtà sociale, anche ai fini
dell’immediato e del vitale interes-
se della difesa personale. Sembre-
rebbe invece esserci una correlazio-
ne con i contesti educativi e di so-
cializzazione, in prima istanza quel-
li relativi all’influenza familiare.
Gli studi relativi al clima familiare
hanno evidenziato l’incidenza ne-
gativa sia di uno stile educativo
permissivo e tollerante, sia di
quello coercitivo (Menesini, 2000).
In entrambi i casi, è probabile l’as-
sunzione di condotte aggressive
da parte del bambino: nel primo
caso per l’incapacità di porre ade-
guati limiti al proprio comporta-
mento, nel secondo per la tenden-
za a legittimare l’uso delle stesse
modalità comportamentali esperi-
te nella relazione parentale. Nelle
famiglie in cui a un alto potere ge-
rarchico si associa a una bassa coe-
sione tra i membri, i figli tendereb-
bero ad assumere il ruolo del bul-
lo. Al contrario, se è presente un
alto grado di coesione unitamente
al venire meno di una struttura ge-
rarchica che marca la differenzia-
zione dei ruoli, si produrrebbe un
sistema familiare invischiato, tipi-
co delle vittime.
Un’altra dimensione significativa
inerente al clima familiare è quella
che riguarda il sistema di valori del
nucleo. I risultati di altre ricerche
indicano che i valori trasmessi dai
genitori influenzano sia il modo in
cui il figlio si relaziona con gli altri,
sia il modo in cui risolve le diffi-
coltà della vita. In particolare, i ri-
sultati ottenuti verificano che nelle
famiglie dei bulli, diversamente da
quanto si verifica in quelle delle vit-
time, le strategie utilizzate per af-
frontare le difficoltà sono fondate
sull’individualismo e l’egoismo.
In questa prospettiva si delinea l’u-
tilità di una strategia di prevenzio-
ne generalizzata, volta ad affermare
un ordine democratico e a potenzia-
re le risorse dei più deboli, a pre-
scindere dall’immediato verificarsi
di episodi di bullismo.
In quest’ambito si colloca il proget-
to di ricerca-intervento “Scherzi o
Prepotenze?”, un piano formativo
ed informativo rivolto alla famiglia
ed agli insegnanti delle scuole se-
condarie di primo grado, che ha lo
scopo di prevenire ed affrontare in
modo efficace gli episodi di prepo-
tenza in vari contesti: non si propo-
ne, quindi, solo di fornire informa-
zioni sui diversi aspetti del bulli-
smo, ma anche di mostrare strategie
e strumenti di intervento per argi-
nare il fenomeno.
MODELLI
DI INTERVENTO
Vi sono diverse possibilità di inter-
vento sul bullismo che coinvolgono
in primo piano la scuola, in un’arti-
colazione di azioni che si sviluppa-
no dal piano istituzionale a quello
individuale: è quindi necessario che
l’intervento sia effettuato secondo
Orientamento e scuola
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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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