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primo grado sono il terreno più fer-
tile per questo fenomeno. Dalle ri-
cerche effettuate (Fonzi et al., 1997)
attraverso il questionario di Olweus
(1993), si evince che il numero di
bambini italiani coinvolti nel feno-
meno è doppio rispetto a quello de-
gli altri Paesi europei: se, infatti, si
riscontra il 6% di bullismo in Fin-
landia, il 15% in Norvegia, l’1,8% in
Irlanda ed il 15% in Spagna, nel no-
stro Paese il fenomeno è presente
per il 42% nelle scuole primarie e
per il 28% nelle scuole secondarie di
primo grado. Nelle prime, il 57,2%
delle prepotenze fisiche e verbali
avviene in classe o nei cortili dedi-
cati alla ricreazione; nelle seconde
la percentuale scende al 51,9%. Ciò
non significa però necessariamente
che nelle scuole italiane la sopraffa-
zione sia più praticata che altrove: il
divario tra i dati italiani e quelli in-
ternazionali potrebbe essere attri-
buito ad un modo diverso di inter-
pretare e vivere il fenomeno.
Innanzitutto, nell’adattamento del
questionario di Olweus alla popo-
lazione italiana, una delle difficoltà
maggiori è stata la traduzione del
termine inglese “bullying” che ha
un diverso valore semantico rispet-
to al termine italiano “prepotenze”,
in quanto il primo esprime soprat-
tutto forme di aggressività fisica e
verbale, mentre il secondo possiede
anche una connotazione di esclu-
sione sociale e una componente le-
gata a comportamenti di derisione
e di offesa, come emerso da uno
studio cross-culturale, condotto
nell’ambito di un progetto europeo
tra Inghilterra, Italia, Spagna, Por-
togallo e Germania (Smorti, Almei-
da e Menesini, 1999). Il diverso va-
lore semantico del nostro termine
“prepotenze” rispetto a quello di
altri termini stranieri potrebbe
quindi giustificare parzialmente la
maggiore frequenza di certi com-
portamenti nel confronto tra l’Italia
ed altri Paesi.
Come suggerisce Fonzi (1997), inol-
tre, a differenza di altre nazioni,
probabilmente in Italia il conflitto è
più tollerato e porta meno frequen-
temente alla rottura dei rapporti;
ciò induce a una più diffusa ammis-
sione sia da parte di chi agisce che
di chi subisce, facendo sì che gli epi-
sodi di prepotenza assumano quin-
di una minore rilevanza. Questa
ipotesi è confermata da uno studio
condotto su ragazzi di scuola me-
dia, ai quali è stato chiesto di valu-
tare la gravità di diversi tipi di pre-
potenze: la forma di bullismo rite-
nuta meno grave era quella verbale
(es. essere chiamati con brutti nomi)
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QUADERNI
DI
ORIENTAMENTO
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Orientamento e scuola
Paolo Zanussi,
Colmar
,
Alsazia 1985, olio su cartone
1,2,3,4,5,6 8,9,10,11,12,13,14,15,16,17,...84
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