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ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE
Il punto di partenza, e per certi aspetti
anche il punto di arrivo, di un’azione orien-
tativa progettata secondo i criteri del Life
Design è il racconto di una storia. Appare
pertanto evidente la necessità di attingere,
nella progettazione degli interventi, alle
metodologie narrative, in particolare alle
tecniche autobiografiche.
Esse consistono nella
costruzione artifi-
ciale di contesti in cui le persone possano
narrarsi
. I riferimenti metodologici prin-
cipali sono quelli del
pensiero narrativo
(Bruner, 1990) e del
metodo autobiografico
(Demetrio, 1995). Le loro prime applicazioni
si collocano in ambito pedagogico ma da
molti anni e da parecchi autori sono sta-
te adattate e adottate in svariati contesti:
da quello educativo a quello clinico, dal
contesto della ricerca sociale a quello del-
la formazione e, naturalmente, al mondo
dell’orientamento.
Il laboratorio con gli operatori ha preso
le mosse proprio da una sperimentazione
in prima persona delle tecniche narrative:
le riflessioni che questa esperienza ha sti-
molato hanno portato ad identificare con
chiarezza le connessioni fra questometodo
e le finalità tipiche delle azioni orientative
secondo l’approccio Life Design, non solo
per quanto concerne il più ovvio richia-
mo alla narrabilità, ma anche per quanto
riguarda gli obiettivi legati all’adattabilità
e all’intenzionalità.
In particolare, è stato evidenziato come
il racconto delle
‘storie di vita e di lavoro’
:
l
induca a creare nessi, sollecitando
l’integrazione dei diversi ricordi e l’at-
tribuzione di significato agli eventi e
alle transizioni; in tal senso dà risalto
ad alcuni ‘temi-chiave’ connessi all’i-
dentità individuale e consente, inoltre,
di sperimentare un senso di continuità
(
narrabilità
);
l
aiuti a far emergere mappe cognitive e
stili di attribuzione soggettivi e ad entra-
re in contatto con modalità alternative
di leggere la realtà, creando condizioni
favorevoli a prendere in considerazione
‘altri possibili Sé’ (
adattabilità
);
l
desti curiosità verso ‘altre storie possibili’,
sollecitando il passaggio dalla ri-lettura
del passato alla ri-formulazione proget-
tuale (
intenzionalità
).
È stato anche messo in luce che se da
un lato la narrazione conferisce ai ricordi
‘consistenza e realtà’, rafforzando il senso
di identità, nel contempo, descrivere la
propria storia permette di ‘riplasmare’ogni
volta l’esperienza che si è vissuta: questo
crea fiducia nella possibilità di padroneg-
giarla, aumenta il senso di controllo e, di
conseguenza, sostiene la progettualità.
Un altro aspetto evidenziato ha a che fa-
re con il bisogno sociale di raccontare, che,
data la scarsità di contesti narrativi naturali,
spesso rimane inesaudito (è indicativa in
questo senso la quantità di racconti affi-
dati ai blog e ai social network). Proporre
un’occasione di narrazione rappresenta
dunque, di per sé, la soddisfazione di un
bisogno profondo: questo aspetto, se da un
lato aumenta la probabilità che le persone
si coinvolgano nella situazione proposta,
dall’altro lato deve però sollecitarci alla
massima attenzione metodologica. Difatti,
nell’ambito di un’azione di orientamento
il racconto non può essere solo un gra-
tificante momento rievocativo, ed il suo
intrinseco potenziale ‘riflessivo’ non è suf-
ficiente a garantirne l’efficacia del punto di
vista orientativo: diventa quindi necessario
finalizzare correttamente l’utilizzo di queste
tecniche, conducendo la narrazione e le
riflessioni che ne conseguono secondo
precisi obiettivi.
In questo senso, sono state messe a fuo-
co alcune indicazioni specifiche che riguar-
dano in particolare il ruolo dell’orientatore
e la restituzione.
Il ruolo dell’orientatore, all’interno di
questa metodologia, è quello di colui che
sollecita la costruzione di storie autobio-
grafiche e aiuta a renderle occasione di
consapevolezza. Il suo compito è innanzi-
tutto quello di predisporre un
setting ido-
neo
(ricordiamo che la narrazione avviene
all’interno di un contesto artificialmente
costruito, non si tratta di una situazione di
racconto naturale, né neutrale) all’interno
del quale svolgerà tre funzioni sostanziali:
stimolare l’auto-riflessività, sostenere la
regolazione delle emozioni, incoraggiare
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